Zone 30, le città d'Europa abbassano la velocità

Da Parigi alla Spagna i sindaci mettono quel limite sulle strade urbane. "Aumenta la sicurezza e diminuisce emissioni e inquinamento acustico". Controlli e multe

Parigi, si viaggia a 30 all'ora

Parigi, si viaggia a 30 all'ora

Roma, 31 agosto 2021 - L’Europa tira il freno a mano, sempre più città mettono il limite di velocità dei trenta all’ora. Parigi è stata l’ultima a fissare quella soglia che era già stata decisa da Grenoble, Lille e Montpellier. Ridurre le emissioni e l’inquinamento acustico, aumentare la sicurezza stradale: questi gli obiettivi del sindaco Anne Hidalgo, annunciati fin dalla campagna elettorale, l’anno scorso. Quando lo slogan era: "Combattere l’inquinamento è un problema di salute pubblica", così nel manifesto presentato assieme all'allora leader degli ambientalisti David Belliard, oggi suo vice. Non mancano però le polemiche.

Politica anti auto, vanno all'attacco gli avversari. Ma sarà questa la direzione, nelle città trasformate dalla pandemia di Covid 19 anche nei trasporti, con la crisi dei mezzi pubblici e l’aumento della micromobilità? Insomma ci abitueremo a viaggiare tra le zone dove si deve viaggiare a passo d'uomo?

Federico Rupi, ingegnere, professore all'ateneo di Bologna, esperto di mobiltià ciclistica, chiarisce:  "Le emissioni dipendono soprattutto dalla velocità media più che dal limite. Perché se in una strada il traffico è molto congestionato, con frequenti accelerazioni e fermate, sono senz'altro molto più alte rispetto a condizioni di traffico scorrevole. Sugli incidenti invece l'efficacia è diretta. Il differenziale di velocità è fondamentale. Se il limite viene rispettato, diminuiscono molto gli effetti che si producono sugli utenti deboli, pedoni, ciclisti e motociclisti".

Ma i controlli si fanno, in giro per l'Europa? Più che ai controlli, molti  paesi - come quelli nordici -  si affidano al senso civico. "Penso a Olanda e Danimarca - ragiona l'ingegnere -. La bicicletta ha sempre più campo e quindi vengono stimolate tutte le norme che vanno nella direzione di difendere questi utenti della strada". La pandemia, riconosce, "ha costituito un grande incentivo per bici e monopattini perché sono mezzi individuali e la paura del contagio è ancora molto rilevante. La situazione nei mezzi pubblici è drammatica, c'è stato un crollo degli abbonamenti".

Quindi servono regole nuove? "Da sole non bastano - osserva l'ingenere - servono anche una maggiore consapevolezza e educazione. Le strade sono spazi condivisi, tutti devono fare la propria parte. In Olanda, per fare un esempio, quando un automobilista scende dall'auto si ha la sensazione che un attimo prima sia salito in bicicletta. Perché c'è un'attenzione verso le due ruote che coinvolge tutti". Non a caso, le zone 30 sono nate nei Paesi Bassi, poi adottate - ormai sono passati decenni -  da Gemania, Francia, Danimarca e Svizzera. La Spagna -  che nel 2019 aveva deciso di abbassare anche la velocità sulle strade extra urbane da 100 a 90 -  ha preso la stessa decisione a maggio, blindando con il limite dei 30 chilometri all'ora la maggior parte della sua rete cittadina. E prevedendo sanzioni severe, da 100 euro per chi viaggia tra i 31 e i 50 chilometri orari fino ai seicento (multa che scatta con gli 81 km/h).