Roma, 29 gennaio 2020 - Ancora nessuna data, ma i piani operativi si stanno già delineando. L’unità di crisi della Farnesina è al lavoro per riportare in Italia i 70 connazionali residenti a Wuhan. Ci sono ospiti di lunga data, in Cina con tutti i familiari, ma anche studenti con il visto in scadenza e desiderosi di lasciare la città. L’ambasciata italiana a Pechino marca tutti con garbo e con costanza. I report sanitari sono confortanti. Tutti gli italiani stanno bene. Zero sintomi, timori relativi.
Coronavirus, in Cina i contagi hanno superato quelli della Sars
Ieri, primo timido giorno di sole dopo tanta pioggia, c’è addirittura chi è uscito per un’ora. "Siamo andati fuori e così anche i nostri figli si sono potuti sfogare", è la testimonianza resa all’ Ansa da Lorenzo Mastrotto, manager della meccanica e decano degli italiani in questa metropoli da 11 milioni di abitanti. "È come essere a casa per il Natale ma senza i parenti – prosegue Mastrotto –. Siamo tutti chiusi in casa come nelle grandi occasioni, aspettando l’evento a lungo atteso".
Le scorte di cibo e generi di prima necessità non mancano: "Al momento nei supermercati si trova di tutto e quando si esce ci si avventura in una città deserta", racconta il manager. E nella comunità italiana la solidarietà è totale: "Abbiamo la mappatura di tutti i supermercati", confida Mastrotto. Gli Stati Uniti, che hanno mille connazionali, hanno ottenuto il via libera a far decollare da Whuan i cittadini americani per riportarli a casa. Finora nessun rimpatrio per Giappone (650 persone) o Corea del Sud (numeri simili). Per i ponti aerei con imbarchi privilegiati serve l’accordo con Pechino.
Oggi dovrebbero tornare a casa 250 francesi (su 500) seguiti da altri 100 europei. Lo ha comunicato la Commissione Ue, alla quale hanno chiesto aiuto numerosi Paesi membri e non solo quelli più piccoli. I tedeschi a Wuhan sono 90, imprecisato il numero degli spagnoli. "Ci sono procedimenti che non dipendono interamente dall’Italia, ma faremo prima possibile", spiega la Farnesina.
Stamattina la task-force dedicata del Ministero della Salute ufficializzerà le linee guida per il rientro degli italiani. Dopo l’atterraggio a Fiumicino (ma non si esclude Malpensa), primi controlli in aeroporto con possibile ’quarantena’ precauzionale di 14 giorni, a giudizio dei medici; poi, in caso di sintomi, trasferimento in uno dei due centri di eccellenza italiani: lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano.
La procedura di quarantena preoccupa i ‘candidati’. "Ha un senso se le persone sono state a contatto con qualcuno che aveva sintomi o positivo al coronavirus, oppure se loro stessi hanno sintomi o hanno avuto contatti sospetti. Ma in caso contrario non ci sono indicazioni in tal senso", chiarisce Massimo Galli, primario del Sacco.