Parigi, 5 maggio 2022 - "Le sanzioni al petrolio e al gas saranno decisive". Parole che suonano come una sentenza, perché a pronunciarle è l’economista Sergei Guriev, una delle menti più brillanti del panorama accademico russo. Prima di riparare a Parigi, dove insegna a Sciences Po, ha avuto a che fare con i protagonisti della Nomenklatura e con gli ingranaggi della Federazione. Fa il ritratto di un Paese lontano dall’immagine retorica, e per certi versi bonaria, dell’orso. Guerra in Ucraina, Mosca simula attacchi con missili nucleari Kirill, il patriarca miliardario tra orologi di lusso e chalet in montagna La Russia di Putin somiglia più a un cane arrabbiato che si morde la coda. Un circolo vizioso innescato dalla volontà di accentrare il potere, che esclude la possibilità di riforme liberali. Di conseguenza l’economia ristagna e vacilla la popolarità del leader, che rimedia organizzando una guerra. Professore, è questa la dinamica che sta alla base dell’invasione dell’Ucraina? "Certo. Come nel 2014, quando il Paese non cresceva e il consenso del capo crollava. L’annessione della Crimea invertì la tendenza. Quest’anno Putin ha replicato lo schema, ma ha fatto male i suoi conti". Quanto hanno fatto male alla Russia le sanzioni? "Molto. È stata congelata gran parte delle riserve della Banca centrale, sono stati imposti limiti all’importazione di tecnologia, e circa 600 aziende hanno fatto i bagagli. Ciò impedisce a molte industrie di funzionare". In quali condizioni versa l’economia russa oggi? "È in atto la più grave recessione dai primi anni ’90. Quest’anno il Pil calerà del 10-11%. Tuttavia, il bilancio statale viene corroborato da un grande afflusso di petrodollari. E il quadro non muterà fin quando saranno mantenute le riserve sull’embargo agli idrocarburi". Putin ha chiuso i rubinetti del gas a polacchi e bulgari. È una minaccia che può funzionare? "Nemmeno l’avvertimento ...
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