"Dobbiamo attenderci un periodo difficilissimo per le relazioni tra l’Occidente e la Russia. Siamo realisti. La guerra sarà ancora molto lunga, non c’è ancora uno spiraglio per il cessate il fuoco e anche quando si arriverà ad una tregua si innescherà un lungo e complesso processo negoziale. L’esito, dal punto di vista della sicurezza in Europa, dipenderà da come si arriverà alla tregua e da chi guiderà i due Paesi in quel momento. È probabile che rimangano le stesse e questo significa che il processo negoziale sarà un esercizio arduo". Si mantiene convintamente su posizioni realiste Giorgio Cella, docente in Università Cattolica di Milano e analista di politica internazionale, autore di “Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi“. A vent’anni da Pratica di Mare sembra un altro mondo nei rapporti tra Russia e occidente. Come è potuto succedere che le speranze di allora sia stato così platealmente disattese? "I rapporti tra Occidente e Russia hanno vissuto molte fasi dalla guerra fredda ad oggi. Sicuramente uno dei picchi più alti della collaborazione è stato rappresentato dal vertice dei Pratica di Mare e dalla conseguente costituzione del Consiglio Nato Russia, che è andato oltre la precedente Partnership for Peace. Anche se poi, certo, non ha avuto effetti duraturi. I fattori che hanno condizionato il deterioramento di questo rapporto sono stati vari. La politica estera russa, nei decenni successivi alla fine dell’URSS si è voluta dare un cammino per cercare di tornare ad una aura più o meno imperiale o di superpotenza, e questo si è scontrato con la proiezione estera della politica statunitense, a partire dal Kosovo, e poi con l’appoggio occidentale alle varie primavere in paesi dell’ex Unione Sovietica, come la Georgia e l’Ucraina, manifestazioni che andavano verso un consolidamento del cammino democratico e una apertura ...
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