Roma, 8 aprile 2025 – E’ scontro totale tra Washington e Pechino sui dazi.
Gli Stati Uniti inizieranno ad imporre tariffe del 104 per cento sui beni cinesi a partire da mercoledì, dopo che Pechino non ha rispettato la scadenza del presidente Donald Trump per annullare le misure di ritorsione.
Venerdì scorso il Consiglio di Stato cinese ha annunciato che la Cina avrebbe imposto dazi aggiuntivi del 34 per cento su tutti i beni importati dagli Stati Uniti. In risposta, ieri Trump ha dichiarato che avrebbe imposto ulteriori dazi del 50 per cento sulle importazioni cinesi a partire dal 9 aprile, in aggiunta a quelle del 54 per cento già in vigore dallo scorso 2 aprile, a meno che Pechino non avesse revocato la sua misura di ritorsione entro oggi. Il 2 aprile Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone dazi "reciproci" sui partner commerciali degli Stati Uniti, che includono tariffe del 34 per cento alla Cina, del 20 per cento all'Unione europea e del 24 per cento sulle importazioni giapponesi. Trump ha anche firmato un ordine esecutivo che impone tariffe del 25 per cento su auto, camion leggeri e ricambi auto di fabbricazione estera, definendo la misura necessaria per proteggere la "sicurezza nazionale".
Gli Stati Uniti hanno annunciato "l'abuso di dazi su tutti i loro partner commerciali, tra cui Cina ed Europa, con varie scuse. Si tratta di un tipico atto di unilateralismo, protezionismo e di prepotenza economica": ha detto il premier cinese Li Qiang, in un duro attacco che è il primo esplicito e pubblico da parte della leadership di Pechino, contro le politiche di Trump. Nella telefonata con la presidente del Consiglio Ue Ursula von der Leyen (che ha chiesto di evitare un’escalation), Li ha assicurato che la Cina dispone "di sufficienti strumenti di politica di riserva per tutelarsi del tutto da influenze esterne avverse", nel resoconto diffuso in serata dalla diplomazia cinese. Poco prima Trump aveva detto che "la Cina vuole l'accordo sui dazi ma non sa come farlo partire. Aspetto la loro telefonata".
Lo scontro sui contadini cinesi
La giornata era già partita carica di tensioni. Pechino in mattinata ha condannato il vicepresidente americano JD Vance, definito “ignorante e maleducato”, per il riferimento al fatto che Washington ha preso in prestito denaro dai “contadini cinesi”. La posizione “della Cina sulle relazioni economiche e commerciali bilaterali è stata resa molto chiara”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. “È sorprendente e triste sentire parole così ignoranti e maleducate da questo vicepresidente”, ha aggiunto. Parlando giovedì con Fox News, Vance ha difeso i dazi come antidoto a “un'economia globalista” che “non ha funzionato per gli americani comuni”. Poi i passaggi più contestati: “Prendiamo in prestito denaro dai contadini cinesi per acquistare le cose che quei contadini cinesi producono”, ha affermato ancora il vicepresidente Usa facendo riferimento al debito Usa in gran parte in mano ai cinesi (quasi il 9% del totale), Cina dalla quale però gli Usa importano (l’export cinese ha sfiorato nel 2024 i 105 miliardi di dollari). "Questa non è una ricetta per la prosperità economica. Non è una ricetta per prezzi bassi e non è una ricetta per buoni posti di lavoro negli Stati Uniti d'America".

Le teorie di Trump nel mirino
La guerra dei dazi e dei controdazi tra Usa e Cina si è inasprita: Trump ritiene che le tariffe possano ripristinare la base manifatturiera dell'America perduta nel corso degli anni con la delocalizzazione produttiva a favore della forte crescita dei servizi, costringendo le aziende straniere a trasferirsi negli Stati Uniti, anziché produrre i loro beni all'estero. Si tratta di strategie, tuttavia, messe in dubbio dalla gran parte degli economisti a causa dell'arbitrarietà dei dazi, della piena occupazione e della carenza di manodopera specializzata in America in molteplici settori manifatturieri.