Aborto, Usa spaccati: ecco dove è già vietato

Le cliniche specializzate iniziano a chiudere. Google in campo: le lavoratrici che vogliono interrompere la gravidanza possono trasferirsi

Aborto negli Usa

Aborto negli Usa

Le conseguenze della decisione della Corte suprema sull’aborto sono scattate immediate. Da ieri, almeno 40 milioni di donne americane in 27 stati troveranno molto più difficile, se non impossibile, interrompere la gravidanza. C’è un’America del Mid-west (Texas, Tennessee, Oklahoma, Arkansas, Mississipi, Missouri, North Dakota, South Dakota, Wyoming, Idaho, Utah, Louisiana e Kentucky) dove, per effetto della decisione della Corte suprema, sono scattate le trigger laws (leggi approvate in vista della pronuncia dei giudici). In alcuni di questi, sette per l’esattezza, l’aborto è già illegale, negli altri è solo questione di settimane.

In ulteriori 14 stati (Arizona, Montana, Nebraska, Kansas, Wisconsin, Iowa, Michigan, Indiana, Ohio, West Virginia, Alabama, Georgia, South Carolina e Florida), proprio in questi giorni vanno al voto diversi disegni di legge super restrittivi. Siccome le maggioranze fino alle elezioni di novembre saranno repubblicane le norme passeranno.

Sulle due coste degli Usa, invece, da quella atlantica, che include Maine, New York, Rhode Island, Massachussets, Maryland, Delaware, Connecticut, New Hampshire, New Jersey, District of Columbia, Virginia e North Carolina, passando per le Hawaii, a quella del Pacifico, con California, Oregon, Washington e Nevada, ci sono le cosiddette fasce abortiste. Qui l’aborto non è reato così come non lo è e non lo sarà in New Mexico, Colorado, Illinois, Minnesota e Alaska.

L’America si ritrova così a macchia di leopardo. Stati, dove una donna può essere assistita con tutti i riguardi, in caso d’interruzione di gravidanza, e stati in cui finisce ammanettata, se cerca di abortire. Magari in centri specializzati che, come la Jackson Women’s Health Organization, unica clinica di questo tipo nel Mississippi, hanno i giorni contati prima di dover chiudere i battenti a norma di legge.

In questo clima oscurantista alcune multinazionali, che operano in diversi stati americani, si sono offerte di pagare ai dipendenti le spese per l’interruzione di gravidanza in centri autorizzati anche fuori dalle aree dei loro stabilimenti. In campo sono scese così Tesla e Google, con quest’ultima che si rende disponibile anche ad accettare il trasferimento di loro dipendenti in stati dove sia possibile interrompere la gravidanza.

Rimangono, però, le spese di vitto, trasporto e alloggio che non sono coperte e potrebbero spingere le donne meno abbienti a ricorrere agli aborti degli anni 60-70. Quelli clandestini, tra alto rischio di morte per le stesse e feti sepolti in giardino.