Roma, 16 giugno 2025 – Ci aveva già provato l’11 novembre 2008, senza riuscirci: diciassette anni fa Trump aveva tentato di usare la festa del Veterano, il "Veteran’s Day" per associare le forze armate al suo primo mandato. La cosa era andata a vuoto per la ferma opposizione dei vertici militari, che negli Stati Uniti non amano particolarmente le parate e hanno una consolidata tradizione di diffidenza nei confronti del potere politico (peraltro, cordialmente ricambiata, ad esempio durante la presidenza Kennedy).

Oggi Trump ci è riuscito, usando la casuale coincidenza del suo compleanno (anzi, genetliaco, come per i monarchi) con il 250° anniversario della Fondazione dell’esercito continentale il 14 giugno 1775, il tutto condito da marziale rullo di tamburi e sferragliare di cingoli. Una salva di 21 cannoni ha segnato l’inizio della giornata, dalle 9 di mattina alle 21 di sera, compresa una parata intesa a celebrare le vittorie dell’America. Più di 6.600 militari in rivista, anche con uniformi d’epoca (perché la storia, si sa, va rispettata), sei carri armati M1A1 Abrams, due carri armati Sherman reduci della seconda guerra mondiale, il volo di 8 elicotteri da trasporto militare CH-47 accompagnati da 16 elicotteri d’attacco, dei cani robot e non potevano mancare quattro caccia Mustang, sempre residuati del 1940-45, più molti dei presenti che hanno cantato “Happy Birthday“ al presidente e l’apoteosi finale dei fuochi di artificio sullo sfondo del Lincoln Memorial. "Tutti gli Stati celebrano le loro vittorie" ha ricordato Trump, "è ora che lo faccia anche l’America". A dire il vero nessuno dubita che l’America celebri ad abudantiam le sue vittorie, anche quando non lo sono, nel cinema, nella cultura popolare, e nella realtà, lo ha fatto per tutto il XX secolo, non a caso chiamato "il secolo americano"; ciò che colpisce è che per 34 anni non si sia avuta una parata militare nella capitale, oggi imposta dal presidente come vetrina personale. L’esercito è sicuramente una istituzione molto presente nella storia americana, interna ed esterna. Oggi è ulteriormente vicina alla popolazione, anche nelle piazze, quasi nelle case degli americani, visto che a Los Angeles i marines aiutano a perseguire i manifestanti. La smania presenzialista e autoritaria di Trump – che peraltro ha promesso l’uso di una "big force" contro chiunque si fosse azzardato anche solo a protestare contro la celebrazione – segna un salto di livello. Sembra che Trump voglia quasi sdoganare l’uso dell’esercito anche nella lotta politica, rendendo tale presenza molto più consueta di quanto non sia stato fino a oggi. Critiche per lo sfizio costoso (45 milioni di dollari) sono arrivate da tutto il mondo politico, anche dai repubblicani, come il senatore del Kentucky Rand Paul ("non amo il passo dell’oca in parata, e non siamo né l’Unione Sovietica né la Corea del Nord per fare queste pagliacciate"). Intanto, nelle altre città, da Los Angeles a New York, centinaia di manifestazioni spontanee No Kings (nessun re) hanno costellato l’Unione, mandando un messaggio chiaro, quasi un regalo di compleanno per il 79enne presidente megalomane: non siamo un reame, tu non sei un re. Un messaggio chiaro, che non segna certo il ridimensionamento dell’ego presidenziale, ma forse segnala l’inizio di una nuova fase, ancora più conflittuale, nella lotta tra l’America Maga e quella – svegliatasi – dei No Kings.