Ucraina accusa: donne stuprate e uccise. "Putin rischia il processo per crimini"

Denuncia della vice premier ucraina. Il giurista Greppi : "La zar potrebbe finire all’Aja solo dopo un cambio di regime"

Mariupol, un civile controllato a un posto di blocco dai separatisti filo-russi

Mariupol, un civile controllato a un posto di blocco dai separatisti filo-russi

In Ucraina ci sono "storie orribili" che riguardano le donne, violentate dai militari russi. Storie che si rincorrono sui media e che Olha Stefanishyna, vicepremier ucraina, conferma: "Ogni singolo soldato che abbia commesso questo crimine di guerra verrà chiamato a risponderne". Oggi è lei, donna numero due del governo di Kiev a 36 anni, a mettere in guardia sulla violenza che si accanisce sui più vulnerabili.  Come altri prima di lei, in altri conflitti, su altri fronti in fiamme, parla di uno degli abusi più barbari che purtroppo in situazioni di guerra si moltiplicano.  Le storie che si rincorrono verranno prese in esame e verificate una per una, garantisce la vicepremier: sarà compito del procuratore generale della Corte penale internazionale dell’Aja, che indaga per crimini di guerra.  Fino ad allora però le testimonianze restano racconti di episodi brutali. Alcuni li hanno testimoniati quattro deputate ucraine nei giorni scorsi a Londra. Lesia Vasylenko, parlamentare del partito Holos, ha dichiarato che i russi stanno aggredendo, stuprando e impiccando donne che non riescono a fuggire dalla loro invasione. Alcune, per la disperazione, vengono spinte al suicidio.

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"Spesso i verdetti per crimini di guerra arrivano tardi, in certi casi è difficile dire se lo scopo sia fare giustizia o scrivere una pagina di storia". Edoardo Greppi, docente di diritto internazionale a Torino e presidente dell’Istituto internazionale di Diritto umanitario, fatica a immaginare la condanna dello Zar. "Però l’Ucraina un successo l’ha già ottenuto: qualche giorno fa la Corte di Giustizia dell’Onu, che dirime le controversie tra gli Stati, ha ordinato di sospendere le ostilità. È un atto ufficiale, anche se Putin ovviamente non si adeguerà"

Professor Greppi, ieri la vicepremier ucraina Stefanishyna ha ribadito le accuse di stupri contro i russi. È sufficiente per andare a caccia dei responsabili?

"Sì, dopo i terribili crimini commessi nell’ex Jugoslavia e in Ruanda, i reati sessuali sono stati inseriti tra i crimini di guerra".

Secondo le deputate ucraine, alcune donne, pur di non finire nelle mani dei russi, si uccidono. L’istigazione al suicidio rientra tra le fattispecie punite?

"No, forse sarebbe una forzatura includerla anche per la difficoltà di tradurre le denunce in prove processuali".

Il procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, Karim Khan, ha aperto un’indagine per crimini di guerra in Ucraina. Come si arriva ai responsabili?

"Serve la collaborazione degli Stati, solitamente l’attività processuale viene svolta alla fine del conflitto".

Per questo Khan nei giorni scorsi è volato in Ucraina?

"Probabile, al momento può ancora passare il confine. Nel 2012-2013 la Commissione presieduta da Carla Dal Ponte dovette indagare da Beirut perché Assad non lasciava entrare nessuno in Siria".

Per Biden Putin è un criminale di guerra. È possibile chiamare in causa il presidente per ciò che accade sul campo?

"Sì. È il lascito del processo di Norimberga, che mise sotto accusa il vertice del Terzo Reich: Göring, Ribbentrop, Keitel. Delle violenze nell’ex Jugoslavia risposero anche Milosevic, Karadzic e Mladic".

Vale una sorta di responsabilità oggettiva o bisogna trovare un ordine scritto?

"Occorre dimostrare il collegamento tra i crimini commessi e i vertici dello Stato. Nel caso della Russia, le dichiarazioni pubbliche di Putin però negano l’intento di colpire gli obiettivi civili".

Come se ne esce?

"Considerando l’omissione. Putin, infatti, potrebbe far punire i militari responsabili. Il precedente giurisprudenziale più avanzato in questo senso è del 1945, quando una commissione militare condannò a morte il generale giapponese Yamashita, comandante supremo nelle Filippine, per non aver impedito che avvenissero i reati oggetto del processo. Ad ogni modo, fu un verdetto molto discusso".

È possibile che l’indagine venga chiusa a guerra in corso?

"No, serve un’attività istruttoria complessa e raffinata. Inoltre, tra i principi della giustizia internazionale stabiliti nel 1950 dalle Nazioni Unite c’è il diritto dell’imputato a un processo equo. Ricordo che a Norimberga ci furono tre assoluzioni".

Non si rischia che la giustizia arrivi troppo tardi?

"Non c’è dubbio. Le Camere straordinarie per la repressione dei crimini commessi in Cambogia negli anni ‘70 emisero solo pochi anni fa due sentenze di condanna all’ergastolo. Gli imputati erano molto anziani. I processi relativi all’ex Jugoslavia sono stati celebrati anche a oltre vent’anni di distanza. Ad ogni modo, l’apertura di un’indagine a conflitto in corso manda al Cremlino un messaggio: prima o poi ci sarà il dopoguerra".

Ma l’inchiesta non potrebbe essere considerata un ostacolo ai negoziati di pace?

"Forse sì. Oppure qualcuno a Mosca potrebbe interpretarla come una motivazione a fermare la macchina bellica".

Nel caso ciò accadesse, si bloccherebbe anche quella giudiziaria?

"Non è detto, anche a livello internazionale vale il principio della separazione dei poteri".

La Russia, come Usa e Cina, non ha ratificato il trattato per l’adesione alla Corte penale internazionale. È possibile giudicare comunque cittadini di questo Paese?

"Non l’ha ratificato neppure l’Ucraina, ma nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea, ha accettato la giurisdizione della Corte. Quindi i crimini di guerra commessi dai russi sul suolo ucraino sono punibili".

Si può immaginare per Putin una parabola analoga a quella di Milosevic e Karadzic?

"Sì, a patto che, come accadde in Serbia, a Mosca vada in scena un cambio di regime".

Altrimenti la farà franca?

"Sì, anche perché la Corte non può giudicare in contumacia".

Lei tiene corsi di diritto umanitario per ufficiali. Ha avuto anche allievi russi e ucraini?

"Sì, peraltro nella stessa classe perché le lezioni erano in russo. Chi partecipa ovviamente è motivato alla conoscenza e al rispetto delle norme del diritto dei conflitti armati".