Ucraina, a Leopoli tra sirene e incubo raid. "Vivere o morire, una roulette russa"

Tra la gente pronta a combattere: "Putin è un pezzo di m... Vinceremo noi, abbiamo più palle di loro". Dal confine polacco arrivano uomini decisi a resistere

"E questo è il rifugio dove devi nasconderti quando suonano le sirene antiaereo. Illuditi che sia sicuro". Kosta è un uomo concreto, ’realista’, per dirla come lui. Alle 17 la sirena ha allertato la gente di Leopoli già due volte. "In genere dura venti minuti, molti restano in casa perché hanno capito che tanto è una roulette russa". E quando pronuncia questa espressione non c’è alcuna ironia nelle sue parole. "Al momento qui hanno risparmiato le abitazioni dei civili ma le immagini dei palazzi abbattuti a Kharkiv e a Kiev ci stanno terrorizzando. Anche questo fa parte della loro propaganda. Questa guerra si gioca anche così".

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Intanto, dal televisore acceso in salotto passano a ripetizione le immagini dei successi dell’esercito ucraino. Soldati usciti da Rambo, missili come una grande potenza, bandiere che sventolano nel sole della vittoria. In una parola: propaganda. "È necessario, le persone hanno bisogno di credere di potercela fare. In realtà, ai russi basterebbe premere un tasto per cancellarci dalla Terra". Kosta abbassa la sguardo ma solo per rispondere a un messaggio al cellulare, lo avvertono che sono in arrivo i rifornimenti per la resistenza. Sacchi di materiale che gli consegnano davanti casa e lui nasconde il tempo necessario per organizzare la distribuzione. Ginocchiere, mimetiche, felpe ma anche materiale tecnologico come batterie esterne, necessarie in trincea (anche quella domestica) quanto i caricatori per i kalashnikov.

C’è però chi preferisce ancora il vecchio Ak47, il metallo freddo e l’impugnatura di legno. Come Vassily, 44 anni, ex militare, che ha lasciato il suo lavoro di operaio navale in Polonia per tornare in Ucraina per combattere. "Vinceremo noi, ne sono sicuro. Putin è un pezzo di merda che crede di schiacchiarci ma gli ucraini sono duri a morire. Non avremo le stesse armi ma abbiamo più palle".

Incontriamo Vassily alla frontiera polacca di Medyka, le guardie ci chiedono dove siamo diretti e quando sentono Leopoli ci fanno una domanda semplice: "Potete portarlo con voi?". Dall’enorme zaino mimetico capiamo cosa intendono. Vassily ringrazia e sale dietro, diventa un improvvisato interprete per i vari checkpoint incontrati lungo la strada. Con i militari parla lui, se c’è un problema lo risolve, suggerisce se c’è una via che è meglio evitare. La sua destinazione finale non è Leopoli, punta a Žytomyr, a 170 chilometri da Kiev, dove lo aspettano moglie e due figli. La famiglia ci sembra l’unico motivo valido per rischiare così tanto poiché Žytomyr è, per dirla con le parole di Kosta, "un gran casino dove si muore".

Lasciamo Vassily alla stazione dei treni, mentre scende dall’auto gli cade un coltello a serramanico lungo come il suo avambraccio. Ha un’espressione contrariata verso di sé, allora stavolta lo infila nei pantaloni, passando dalle mutande. Sparisce col suo zaino in un formicaio umano che sciama attorno alla stazione. I cittadini approfittano del silenzio della sirena e sfruttano le poche ore di libertà prima del coprifuoco. Oggi inizia alle 22 e termina alle 7.

Le strade sono trafficante, i clacson riempiono l’aria più degli antiaerei, tutti trasportano qualcosa e camminano veloci col passo di chi deve raggiungere un posto (o una persona) fondamentale. È uno strano purgatorio Leopoli, c’è l’aria della guerra e il ritmo del lavoro. Alcune attività sono sospese, i professori sono in ferie forzate ma molti altri settori continuano regolarmente, forse per mantenere una parvenza di normalità. Kosta è un professore universitario, insegna relazioni internazionali eppure non ci capisce nulla neppure lui. "Ormai le mie lezioni sono diventate stronzate, gli studenti riescono anche a scherzarci su. Gli dico che questa è la prova pratica dopo ore passate in aula. Hey guarda lì".

Stavolta lo sguardo spinge verso il televisore, dove passano le immagini della distruzione della torre della televisione di Kiev, il più importante centro di trasmissione della città, oltre a essere il traliccio più alto del mondo. Nessun paragone possibile ma per gli ucraini è come assistere all’abbattimento delle Torri Gemelle. Non cade solo un centro nevralgico della comunicazione, i russi hanno abbattuto un simbolo. E qui i simboli hanno ancora un valore strategico.

Nel giorno in cui l’ambasciata italiana si sposta a Leopoli per trovare maggiore sicurezza, anche gli abitanti di Leopoli iniziano a temere di non essere più così al sicuro.

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