Ucraina, inferno a Bakhmut, l’ultima trincea di Zelensky: "La gente è rassegnata a morire"

Il reporter Farrell: "Scontri a fuoco senza tregua, i mercenari della Wagner arrivano a ondate. Ho visto persone camminare senza far caso alle bombe. Aspettano solo che la battaglia finisca"

Roma, 6 febbraio 2023 - In russo li chiamano zhduny, "coloro che attendono". Persone in trappola sotto le bombe in una città che sarà cancellata. Come in un limbo sospeso tra due baratri, un passato da reietti in patria e un presente da zombie. Un limbo che si chiama Bakhmut, cioè l’inferno. Oriente ucraino, regione del Donetsk, terra russofona. Per Zelensky è l’ultima trincea, l’esercito resiste a oltranza. "Non si ritira", ammette Yevgeny Prigozhin, capo dei mercenari filorussi della Brigata Wagner. "Ci sono battaglie feroci in ogni strada", aggiunge. Francis Farrell, reporter australiano del giornale ucraino Kiev Independent è stato lì pochi giorni fa.

Un volontario cucina per i cittadini di Bakhmut nella sede di un’organizzazione umanitaria
Un volontario cucina per i cittadini di Bakhmut nella sede di un’organizzazione umanitaria

Farrell, che faccia ha la guerra a Bakhmut? "Bakhmut è una città sotto tiro dell’artiglieria pesante e dei razzi ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. E lo è da più di tre mesi. Ci sono scontri a fuoco a due chilometri dal centro, in periferia si sentono spesso colpi di fucile e mitragliatrice. Molto raramente c’è un momento tranquillo".

Cosa l’ha sorpresa di ciò che ha visto? "Il modo in cui le persone continuano a spostarsi da un posto a un altro ignorando le bombe che piovono dal cielo. Hanno rinunciato allo spirito di sopravvivenza".

Quante persone vivono ancora lì? "La polizia ucraina afferma che in città sono rimaste circa 5.900 persone, tra cui 200 bambini".

Perché non scappano da quell’inferno? "La maggior parte delle persone non ha soldi né una rete di supporto esterna che possa aiutarle ad andarsene o informarle su come ottenere lo status di rifugiato. Peraltro, il contributo del governo per i profughi è molto basso, circa 52 euro al mese, una cifra insufficiente per iniziare una nuova vita altrove. Poi ci sono gli anziani, che non vogliono lasciare le case in cui hanno vissuto per tutta la vita".

Quella regione è abitata da russofoni. Qual è il sentimento prevalente nei confronti dell’Ucraina? "Molti dicono di non essere interessati alla politica. Per costoro non importa chi è al governo, e in tempo di pace questo è comprensibile. Alcuni hanno vissuto storie di discriminazione, sono trattati con sospetto. Altri invece hanno ricevuto ospitalità lontano dalla linea del fronte".

Come sopravvivono? "Ricevono cibo e acqua potabile dalle organizzazioni umanitarie. Oppure vivono di ciò che hanno messo da parte negli ultimi mesi. Si rifugiano soprattutto negli scantinati, usando stufe a legna per riscaldare un po’ gli spazi".

Qual è il loro stato d’animo? "Sono disperati, impotenti. Hanno rinunciato a cercare una via di salvezza per sé e per i propri figli. C’è così tanta morte intorno che non ci fanno neanche più caso".

Che tipo di futuro immaginano? "Aspettano solo che la battaglia finisca. È gente che ha perso tutto, il cui futuro è stato bombardato".

Come combattono i mercenari della Brigata Wagner? "Avanzano lentamente ma costantemente. Assaltano in piccoli gruppi le posizioni ucraine, sostenuti dall’artiglieria pesante e da colpi di mortaio. Con la prima ondata arrivano i criminali, gli ex detenuti. Poi i soldati professionisti completano il lavoro".

Come si spiega la resistenza di Bakhmut? "Bakhmut ha un grande valore strategico. Prendere la città significa tagliare molte strade importanti e rendere molto difficile il rifornimento ucraino ad aree come Siversk".