La Turchia a un passo dall'invasione della Siria, cosa sta succedendo in Kurdistan

Colpite anche basi curdo russe e curdo americane. Appello di Mosca per evitare un'azione di terra. Ma il presidente turco Erdogan non molla. Il silenzio degli Stati Uniti

Roma, 23 novembre 2022 - La Turchia continua l'offensiva aerea nel Kurdistan siriano e iracheno. L'operazione - che Ankara giustifica come ritorsione dopo all'attentato del 13 novembre che ha ucciso 6 persone a Istanbul, prontamente attribuito da Ankara al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) - ha comportato anche attacchi contro basi congiunte curdo-russe e curdo-americane, fatte segno dei missili dei droni Baraktyar. Un drone armato turco ha colpito stamani una base russa nel nord della Siria ferendo un soldato russo, secondo quanto riferito da fonti locali citate dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria. Si tratta dell'ufficio di collegamento tra Pkk e militari russi.

Combattenti siriani filo-turchi a Jarabulus, al confine con la Turchia (Ansa)
Combattenti siriani filo-turchi a Jarabulus, al confine con la Turchia (Ansa)

Droni turchi contro una base curdo-americana 

Due giorni fa un drone turco aveva colpito una base curdo-americana. "Una base congiunta a nord di Hasakeh, ad Istirahat al Wazir, utilizzata per pianificare ed eseguire operazioni congiunte contro il gruppo dello Stato Islamico, è stata colpita da un drone turco", ha dichiarato martedì all'AFP Farhad Shami, portavoce delle Forze Democratiche Siriane a guida curda, aggiungendo che due combattenti delle SDF sono stati uccisi. Un gruppo di monitoraggio con sede in Gran Bretagna, l'Osservatorio siriano per i diritti umani, ha confermato che la base congiunta è stata attaccata, ma non è stato immediatamente in grado di dire se le forze della coalizione fossero presenti in quel momento. Il Centcom americano ha tuttavia fatto sapere che le proprie truppe non sono state messe in pericolo dall'attacco, trovandosi in quel momento a una ventina di chilometri da dove ha colpito il drone.

La minaccia di un'invasione di terra 

"Le nostre operazioni aeree sono solo l'inizio. Quando sarà il momento, schiacceremo i terroristi anche via terra": è quanto ha detto oggi il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, riguardo all'operazione militare lanciata domenica scorsa in Siria e in Iraq in risposta all'attentato a Istanbul del 13 novembre scorso. Nel corso della riunione settimanale del partito AK in parlamento, Erdogan ha precisato che l'operazione di terra riguarderà Tal Rifat, Manbij e Ain al-Arab (Kobane), in Siria. Come precisa l'agenzia di stampa Anadolu si tratta di aree che avrebbero dovuto essere lasciate dai miliziani del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e delle Unità di protezione del popolo (Ypg), secondo gli accordi firmati con la Russia e gli Stati Uniti. "Noi rispettiamo i nostri accordi sui confini siriani - ha spiegato il leader turco - se le nostre controparti non lo rispettano, abbiamo il diritto di difenderci". Quindi l'affondo: "Le potenze che hanno assicurato che non ci sarebbe stata alcuna minaccia per il nostro Paese dalle regioni sotto il loro controllo in Siria non hanno mantenuto le loro promesse".

La Russia cerca di frenare Ankara

"Speriamo di convincere i nostri colleghi turchi ad astenersi dal ricorrere all'uso eccessivo della forza sul territorio siriano" per "evitare l'escalation delle tensioni", ha detto ieri Alexander Lavrentiev, inviato speciale del presidente russo Vladimir Putin ad Astana, la capitale del Kazakistan dove è iniziata una due giorni di incontri tra funzionari di Russia, Turchia e Iran proprio riguardo alla Siria. "Abbiamo opinioni differenti sulla situazione", ha sottolineato anche il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ma "grazie a Dio, le relazioni amichevoli e di partenariato con la Turchia rendono possibile discutere di queste differenze in modo aperto e costruttivo". Oggi Larentiev ha lanciato un altro avvertimento: "La Russia ribadisce il suo appello alla Turchia perché si astenga da un'offensiva di terra contro i curdi in Siria, ritenendo che ciò potrebbe portare a "un'escalation nell'intero Medio Oriente".

Il vertice russo-turco-iraniano

Mentre è in corso l'offensiva aerea e di artiglieria turca nel nord-est della Siria contro le forze curde locali, si è svolta nelle ultime ore a Nur-Sultan, in Kazakhstan, la periodica riunione tripartita tra rappresentanti diplomatici e militari russi, turchi e iraniani nell'ambito del forum negoziale tra i tre paesi sulla Siria. Mosca sostiene che ricevendo segnali da Ankara e Damasco di disponibilità a "fare passi l'uno verso l'altro", spera in un riavvicinamento siriano-turco, e questo è necessario: devono vivere in amicizia, ha detto Alexander Lavrentyev, rappresentante speciale del presidente russo per la Siria. "Speriamo di assistere gradualmente a un certo riavvicinamento siriano-turco, questo è necessario, perché questi due stati sono vicini che dovrebbero vivere in amicizia. Penso che i segnali che abbiamo da parte turca e siriana ...sono passi nella giusta direzione, che impediranno tragici incidenti legati alla morte di civili", ha detto durante una conferenza stampa dopo il 19esimo incontro internazionale sulla Siria nel formato di Astana. Il problema è che questo riavvicinamento potrebbe avvenire a spese dei curdi. "Un incontro con Assad è possibile. In politica non esistono risentimenti e rancori, prima o poi compiremo dei passi", ha detto Erdogan oggi.

Il silenzio degli Usa

Gli Stati Uniti, che vorrebbero evitare un'altra operazione di terra russa, sostanzialmente tacciono perché hanno altre priorità che difendere i curdi. I quali sono alleati quando serve (lotta all'isis) ma non quando devono essere difesi dalla Turchia. La verità è che gli americani vogliono chiudere prima possibile l'operazione relativa all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato - sulla quale pende il no turco a causa del fatto che i due paesi scandinavi hanno dato rifugio ad esponenti del PKK - e hanno bisogno di Erdogan per mantenere il filo di comunicazione, e possibilmente in futuro aprire un negoziato, con la Russia, nell'ambito della crisi ucraina. L'Unione Europea invece, tace.

Dal 1995 a oggi: le operazioni turche in Siria 

Ankara ha storicamente lanciato diverse operazioni transfrontaliere in Siria e controlla alcuni territori nel nord con l'obiettivo di allontanare l'YPG e stabilire una zona sicura profonda 30 chilometri dove Erdoğan spera di far rientrare "volontariamente" i rifugiati siriani. Dal 1995, con l"Operation Steel", la Turchia ha condotto almeno dieci operazioni militari in Siria. In particolare dal 2016, la Turchia  ha lanciato un trio di operazioni molto ampie: Euphrates Shield (2016), Olive Branch (2018) e Peace Spring (2019). Da notare che l'invasione del 2019 fu resa possibile dal ritiro delle forze americane, voluto dal presidente Trump nonostante l'aperto dissenso del Pentagono e degli alleati europei che non volevano tradire i curdi che tanto ruolo ebbero della sconfitta dell'Isis.

La zona 'cuscinetto'

Dopo l'invasione del 2019 fu negoziata il 22 ottobre di quell'anno, nella città russa di Sochi, la cosiddetta "second nothern Syria buffer zone". La zona avrebbe avuto una profondità di circa 30 chilometri estendendosi dal fiume Eufrate a Tall Abyad e da Ras al-Ayn al confine tra Iraq e Siria, ma escludendo la città di Qamishli, capitale de facto dei curdi. La zona cuscinetto viene controllata congiuntamente dall'esercito siriano e dalla polizia militare russa. Tutte le forze dell'YPG, che costituiscono la maggioranza dell'SDF, hanno dovuto dovranno ritirarsi completamente dalla zona cuscinetto. Il loro ritiro sarà supervisionato dalla Polizia militare russa e dalle Guardie di frontiera siriane. L'YPG si è ritirato anche dalle città di Manbij e Tell Rifaat. Dopo il ritiro dell'YPG, pattuglie di terra congiunte russo-turche si sarebbero tenute nell'area della zona cuscinetto, ma solo entro 10 chilometri  dal confine e senza includere Qamishli. Dopo il ritiro dell'YPG, pattuglie di terra congiunte russo-turche si sarebbero tenute nell'area della zona cuscinetto, ma solo entro 10 chilometri (6,2 miglia) dal confine e senza includere Qamishli. La Turchia manterrebbe il controllo esclusivo delle aree conquistate durante l'offensiva tra le città di Tell Abyad e Ras al-Ayn.

L'ultimo attacco al Kurdistan siriano 

Il 27 febbraio 2020 è stata effettuata un'operazione militare transfrontaliera delle Forze armate turche - la quarta dal 2016 -  contro le Forze armate siriane e le milizie alleate nel governatorato di Idlib, nella Siria nord-occidentale. Ma ad Erdogan non bastava. "Stiamo facendo un altro passo avanti nell'istituzione di una zona di sicurezza di 30 chilometri lungo il nostro confine meridionale. Ripuliremo Tal Rifaat e Manbij", ha detto Erdogan a giugno, aggiungendo che "le operazioni militari pianificate continueranno gradualmente in altre parti della Siria settentrionale". Il concetto è stato ribadito l'8 agosto. "Continueremo la nostra lotta contro il terrorismo. Uniremo gli anelli della cintura di sicurezza liberando le ultime aree in cui si annida l'organizzazione terroristica in Siria", ha detto Erdoğan rivolgendosi alla 13ª Conferenza degli ambasciatori. "La nostra decisione di stabilire una linea di sicurezza profonda 30 chilometri lungo il nostro confine meridionale rimane", ha aggiunto. Nonostante gli inviti russi e americani a desistere, Erdogan oggi ha ribadito il concetto. L'ennesima invasione del Kurdistan siriano è molto probabile.