Mercoledì 24 Aprile 2024

Siria, perché Trump scarica i curdi (facendo infuriare il Pentagono)

Per gli analisti è una mossa elettorale, in vista delle elezioni presidenziali. Ma c'è anche chi fa notare come il presidente abbia investito parte delle sue fortune in Turchia

Erdogan e Trump si strigono le mani (Ansa)

Erdogan e Trump si strigono le mani (Ansa)

New York, 7 ottobre 2019. Il tycoon e il sultano parlano la stessa lingua. La decisione choc presa domenica da Donald Trump di scaricare gli storici alleati curdi e dare il via libera alla Turchia per un'operazione militare in Siria rappresenta una totale inversione di rotta della politica americana in Medio Oriente. Ankara infatti considera i curdi un'organizzazione terrorista e da sempre tenta di interrompere il supporto finanziario e militare che gli Usa forniscono al gruppo. Peccato solo che le Forze siriane democratiche (di cui la minoranza etnica fa parte) siano state le truppe più affidabili dello Zio Sam nella lotta allo Stato islamico.

Dettagli per il presidente americano, che ha fretta di ritirare tutti i suoi soldati dalla Siria. Ci aveva già provato lo scorso dicembre (fallendo, dopo essere stato richiamato all'ordine dai suoi generali e da diversi alleati europei) e domenica, approfittando dei desideri di Ankara, ha compiuto un significativo passo avanti. La mossa ha ovviamente una funzione elettorale, visto che l'anno prossimo si tornerà a votare per decidere chi abiterà per quattro anni alla Casa Bianca e tradizionalmente gli elettori non amano sapere che i loro soldi vengono spesi per finanziare oscure guerre in Paesi semi-sconosciuti all'opinione pubblica.

La decisione presa da Donald è stata fortemente criticata dai maggiori funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato, che hanno invece raccomandato a Trump di mantenere un piccolo contingente a nord-est di Damasco per continuare le operazioni contro l'Isis e avere qualcuno sul campo che possa bilanciare la presenza di Iran e Russia sul territorio. Ma domenica il tycoon e il sultano hanno deciso tutto tra di loro. E così 100-150 soldati Usa (sui circa mille presenti nel Paese) verranno ritirati dall'area per permettere l'avanzamento delle truppe turche. “Non è chiaro – fa notare il New York Times – quanto andranno in profondità e se ci saranno scontri coi curdi. Se accadranno, il rischio è quello di mettere in pericolo tutte le conquiste fatte nella lotta al Califfato”.

Ma non sono solo i tagliagole, che secondo diversi rapporti stanno riguadagnando slancio, a fare paura. Secondo diversi analisti, la mossa della Casa Bianca potrebbe spingere i curdi ad allearsi con il governo siriano per combattere l'esercito turco. Ancora una volta, più dei report e delle analisi dell'intelligence, hanno pesato i rapporti personali. Donald, che poco tempo fa ha definito Erdogan “un amico”, ha deciso di dare il via libera dopo una breve telefonata con il sultano. E così riemergono tutti i conflitti di interesse non sanati del presidente, che proprio nel cuore di Istanbul possiede due enormi grattacieli, le Trump Towers. Nel 2015, il tycoon confessò in un'intervista alla radio: “Ho un problema a trattare con il governo di Ankara, perché ho un grande, grandissimo edificio, anzi due a dire la verità, di mia proprietà in Turchia". Parole che a distanza di quattro anni tornano a essere più che mai attuali.