Mercoledì 24 Aprile 2024

Medio Oriente, il piano di Trump per la pace: due Stati, Gerusalemme capitale d'Israele

Il presidente palestinese Abu Mazen: "Gerusalemme non è in vendita, e i nostri diritti non si barattano"

Donald Trump e Benjamin Netanyahu (Ansa)

Donald Trump e Benjamin Netanyahu (Ansa)

Washington, 28 gennaio 2020 - Il giorno dopo la Giornata della memoria, il presidente americano Donald Trump presenta, accanto al premier israeliano Benjamin Netanyahu, il suo piano di pace per il Medio Oriente. "Quello di oggi è un grande passo verso la pace - assicura - E' l'ultima possibilità di pace per il Medio Oriente".

La soluzione proposta in estrema sintesi è questa: due Stati, parte della Cisgiordania a Israele, Gerusalemme "capitale indivisa" e un tunnel per collegare Cisgiordania e Gaza. Previsti inoltre investimenti per 50 miliardi di dollari per i palestinesi. Molti scorgono una certa ambiguità, se non una palese contraddizione, nelle parole di Trump: se da un lato il presidente Usa ha evocato la possibilità di una Gerusalemme Est come capitale del futuro Stato di Palestina, impegnandosi ad aprire proprio lì un'ambasciata Usa, dall'altro ha ribadito come "Gerusalemme resta e resterà per sempre la capitale indivisa di Israele".

Il premier israeliano Netanyahu, raggiante, ringrazia Trump: "il miglior amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca", ma è secca la replica del presidente palestinese Abu Mazen: "Gerusalemme non è in vendita, e i nostri diritti non si barattano", ha dichiarato respingendo il piano di pace di Trump.

La Casa Bianca ha anche postato su Twitter la piantina della divisione:

Trump e il piano di pace del tunnel

"Gerusalemme resterà capitale indivisa dello Stato d'Israele", ma ci sarà uno Stato palestinese, "demilitarizzato" e "contiguo", con "una capitale a Gerusalemme Est dove gli Stati Uniti apriranno orgogliosamente un'ambasciata", ha assicurato Trump, promettendo ai palestinesi che il territorio a loro disposizione "verrà più che raddoppiato", ci sarà un "congelamento delle colonie israeliane per 4 anni", un periodo di tempo che potrà essere utilizzato per "negoziare un accordo con Israele".  Un tunnel collegherà Cisgiordania e Gaza, ha spiegato ancora il presidente,"nessuno, né israeliani né palestinesi, verrà sradicato dalle proprie abitazioni", mentre la sicurezza dei confini sarà affidata a Israele, con i palestinesi che avranno forze di polizia per la gestione interna.  La sfida è quella della "coesistenza pacifica", ha sottolineato Trump, esortando i palestinesi a coglierla in vista di uno Stato indipendente: "meritano una vita migliore" e questo piano è "vantaggioso per entrambi". 

Le condizioni poste ai palestinesi

Tra le condizioni imposte ai palestinesi c'è quella di "porre fine alle attività maligne di Hamas e della Jihad Islamica, all'incitamento alla violenza contro Israele, e mettere fine in maniera permanente ai finanziamenti al terrorismo". "Non chiederemo mai a Israele di scendere a compromessi sulla sua sicurezza", ha scandito il presidente americano.  Dal canto suo Netanyahu ha spiegato che i rifugiati palestinesi della diaspora non avranno diritto al ritorno, i palestinesi dovranno riconoscere Israele come Stato ebraico, e "verrà applicata la legge israeliana sulla Valle del Giordano, su tutte le colonie in Cisgiordania e su tutte le aree che il piano designa come parte di Israele".

Domani il premier israeliano sarà a Mosca per presentare di persona il piano al presidente russo, Vladimir Putin.

La reazione, Hamas e Fatah unite

Per la prima volta da molti anni il fronte palestinese è stato unito, con Hamas e Fatah insieme. Per il Movimento islamico che governa a Gaza si tratta di un piano "insensato": "Non accetteremo alcun surrogato di Gerusalemme come capitale dello Stato palestinese", ha fatto sapere Hamas, promettendo di "resistere in tutte le forme". Intanto a Ramallah manifestanti sono scesi in strada per protesta, bruciando foto di Netanyahu e di Trump.

Caute le prime reazioni dalla comunità internazionale, con Mosca che ha invitato le due parti a riprendere "negoziati diretti per raggiungere un compromesso accettabile", mentre da Londra il governo britannico ha sottolineato che il piano promosso dagli Usa "potrebbe essere un passo avanti". Netto al contrario il ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Safadi, che ha messo in guardia da "pericolose conseguenze" di fronte a "passi unilaterali di Israele, che minacciano di creare una nuova realtà sul campo".