Repubblicani nel panico: Biden resuscita Trump

Paradossale conferma dalla tribuna della lobby delle armi (che Donald sostiene). Per la prima volta l’ex presidente ha detto in modo esplicito che mira a candidarsi

Donald Trump è nato nel 1946 ed è stato il 45° presidente degli Stati Uniti (Ansa)

Donald Trump è nato nel 1946 ed è stato il 45° presidente degli Stati Uniti (Ansa)

Washington, 28 maggio 2022 - Da Houston, Texas, giunge la paradossale conferma: Biden ha risuscitato Trump e il partito repubblicano è nel panico. O quasi. A Houston, 300 miglia a est da Uvalde, dove un diciottenne ha seminato la morte in una scuola elementare, si conclude oggi la Convention della Nra. E la Nra è la più potente lobby degli Stati Uniti. È la lobby delle armi. Nra sta per National Rifle Association, letteralmente Associazione Nazionale dei fucili. In realtà non si tratta solo di fucili, ma anche di pistole, mitra, eccetera. E dato che il diritto di possedere armi è il secondo emendamento della Costituzione, dato che in America ci sono più armi che abitanti, dato che negli ultimi due anni, da Black Lives Matter in poi, la loro vendita è aumentata del 60 per cento, si comprende quanto potente essa sia. Con il consenso degli americani.

Una lobby potente. Nonostante i massacri e le vittime innocenti, nonostante i bambini uccisi, è da due secoli e mezzo che questo consenso non viene meno. Si appoggia su quel famoso emendamento che recita: "Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere armi non potrà essere infranto". Si riferiva alla guerra di indipendenza contro gli inglesi, ma da allora non è più stato abrogato e nulla indica che lo sarà in futuro.

Torniamo a Donald Trump. Dalla tribuna di Houston ha ripetuto il sostegno alla lobby delle armi. E questo era atteso: dei 16 milioni di dollari che ogni anno la Nra dà alla campagna elettorale, due terzi vanno ai repubblicani. Per i quali il problema non è l’eccesso delle armi in circolazione, ma il difetto della prevenzione.

Allarme del Gop. Quel che non era atteso e che allarma il Grand old party è una ricandidatura di Trump. Questo l’accenno: "Se dovessi correre ancora per la presidenza e vincere... non infrangerò quel diritto costituzionale...’". Mai dal drammatico 6 gennaio 2021, il giorno dell’assalto al Congresso per la sua denuncia di brogli elettorali, l’ex presidente si era espresso in maniera così chiara. Se lo fa oggi è perché il suo successore Joe Biden ha una popolarità bassissima creando disaffezione e rimpianti. I quattro anni di Trump ne vengono rivalutati.

E a novembre, alle elezioni di medio termine, i democratici sembrano destinati a perdere la maggioranza in Congresso. A quel punto le probabilità che nel 2024 Biden rimanga dov’è sarebbero minime. Non per l’età. E nemmeno per la sua salute. Ma per il bilancio politico. A meno che...

Lotta fra vegliardi. A meno che non si ripresenti Trump. Anche lui non è un giovanotto. Fra due anni avrà 77 anni. Altro vegliardo. Ma il punto non è questo. È il partito che non lo vuole, perché le disgrazie di Biden sembrano non compensare il suo scarso gradimento presso l’elettorato moderato. Rimane un personaggio divisivo, polarizzante all’interno e ancor più all’esterno degli Stati Uniti.

Di qui il timore di una duplice spaccatura. In una nazione già profondamente disorientata dal radicalismo democratico. E nel partito repubblicano che vorrebbe un volto nuovo e carismatico, per esempio quello del governatore della Florida, l’’’italiano’’ Ron De Santis. Così Kevin McCarthy, leader repubblicano alla Camera, è disposto a farsi da parte pur di offrirgli il suo probabile, futuro incarico di Speaker della Camera. Basterà? Il trumpismo anche senza Trump rimane vivo e vegeto.

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