Thailandia, chi sono i bambini nella grotta. Il ritratto dei "cinghialotti"

Dodici capitani coraggiosi. La loro forza: fare squadra

Foto di gruppo per i "cinghialotti" prima di una partita

Foto di gruppo per i "cinghialotti" prima di una partita

Roma, 10 luglio 2018 - Pad ka prao. Hanno chiesto il «pad ka prao». Il tipico piatto thai: pollo e maiale al basilico dolce. Con contorno di riso, ci mancherebbe. Loro, i ragazzi usciti dalla grotta Than Luang, sono ancora in isolamento. Ma hanno fame. Di sapori conosciuti. Familiari. I genitori ancora non li hanno visti: c’è il timore di infezioni. Forse un pannello di vetro dividerà per non si sa quanto tempo i «cinghialotti» dai familiari. Però, finalmente, potranno vedere le loro mamme, i loro padri, fratelli, sorelle, nonni. Ma chi sono i dodici ragazzi? Quelli salvi (otto) e quelli ancora da salvare (quattro, escluso l’allenatore)? Li chiamano «cinghialotti» dal nome della loro squadra di calcio.Vengono dal nord del Paese. Una terra povera, di confine con la Birmania e di minoranze etniche. No, se siete stati in Thailandia non dovete pensare alla scintillante e inquietante Bangkok. Lì, nella capitale, la gioventù è cosa diversa. Molto viziata

Ripresi i soccorsi. Oggi fuori gli ultimi 4 bambini e l'allenatore

THAI_32317741_155306

Thailandia, come sono finiti nella grotta i bambini. L'ipotesi rito di iniziazione

Forse hanno chiesto il pollo col basilico perché sono rimasti genuini. Lucidi. Orgogliosi – qualcuno è uscito dalla grotta e non ha voluto essere aiutato: «Ce la faccio da solo» – e determinati. Ironici e dolci: «Mamma, ti aiuterò a fare la spesa ogni giorno una volta libero», ha scritto Ekkarat Wongsookchan, uno dei portieri. Ha 14 anni, fa Bew di soprannome. Molto disciplinato, alla fine di ogni allenamento raccoglie i palloni e quanto resta sul campo. Sono poveri pieni di talento. Prendi, a esempio, Panumas Saengdee , detto Mick, 13 anni. In campo esibisce movimenti fluidi. Gli allenatori lo sanno e perciò gli dicono di entrare nell’area avversaria. Dicono giochi come un quindicenne e poi è temutissimo per lo stacco e i conseguenti, micidiali, colpi di testa. «Non preoccupatevi per me – ha scritto ai suoi – i Navy Seal si stanno prendendo cura di noi».

FOCUS / Come aiutare i ragazzini a superare il trauma

THAILANDIA_32263651_163850

Sia chiaro: non sono eroi, non vogliono essere supereroi. La nostalgia di casa è forte: «Mi mancate tutti. Voglio tornare a casa» è il desiderio di Adul Sam-on, 14 anni. Lui potrebbe essere salvo (le autorità non hanno ancora fornito i nomi di chi è uscito dalla grotta) e potrebbe così riprendere, piano piano, la sua vita. Parla tante lingue, in inglese è perfetto. Non a caso è stato lui a comunicare con i subacquei inglesi. Chi invece potrebbe diventare un campione di calcio è ‘Dom’, Duangpetch Promthep. Lui, attaccante, è il capitano. Un leader con tanto senso dell’umorismo. Dalla grotta ha scritto: «Non scordatevi la mia festa di compleanno». No, in Thailandia nessuno la scorderà.

image

Thailandia, coach Ake e i bambini. Dalle accuse alla riabilitazione

Nella formazione ci sono anche ‘Titan’, il più giovane (11 anni) che gioca a pallone da cinque anni. Il suo nome è Chanin Wiboonrungrueng . Oppure Peerapat Sompiangjai , 16 anni, Night, ala destra (forse già in salvo). E ancora: Sompong Jaiwong, Pong, 13 anni, anche lui ala. O Nattawut ‘Tle’ Takamsai, 14 anni, attaccante, appassionato cultore dello sport; il quattordicenne Mongkol Boonpiam, anch’egli probabilmente al sicuro. Come Pajak ‘Note’ Sutham , 14 anni, centrocampista. E poi, ancora: l’altro portiere Pipat Bodhi, 15 anni, soprannome Nick, che non fa parte dei «cinghiali», ma che si era solamente allenato col suo amico del cuore Bew. E non dimentichiamo Tee, il difensore sedicenne Pornchai Kamluang. Chissà se il pollo al basilico è buono. Per questi ragazzi, di sicuro.