Terremoto, le mire di Putin su Damasco. Israele vuole uscire dall’angolo

La Russia può approfittare della calamità per aumentare la sua influenza nell’area e scalzare i turchi. Anche l’Ucraina nella partita degli aiuti

La chiamano diplomazia della solidarietà e, per quanto forse possa apparire utilitaristico, a volte grandi calamità naturali servono a rinsaldare rapporti già esistenti, bilanciarne altri o provare a ripianare fratture fra nazioni che, in condizioni normali, rapporti diplomatici non ne hanno. E tanto più la tragedia è grande, tanto più gli aiuti non si possono rifiutare. Il tragico terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria non fa eccezione. Se si può trovare un lato positivo, in una sciagura del genere, è che, una volta tanto, sono tutti dalla stessa parte e soprattutto dalla parte giusta.

Persino due nemici giurati come il presidente russo, Vladimir Putin e quello ucraino, Volodymyr Zelensky, sono stati fra i primi a inviare ad Ankara la loro disponibilità a mandare aiuti al più presto. Tralasciando le indubbie buone intenzioni di Mosca e Kiev, hanno motivi ben più concreti per non lasciare da solo il presidente della Mezzaluna, Recep Tayyip Erdogan. Al Cremlino, grande alleato di convenienza della Turchia, non pare vero di essere, dopo un anno, quello che può aiutare e che non deve essere aiutato. Per quanto riguarda l’Ucraina, è stato proprio Erdogan a sbloccare l’export del grano ucraino, raggiungendo un accordo con Mosca ed è grazie ai micidiali droni Bayraktar (prodotti dal genero del presidente turco) che Kiev è riuscita a tenere testa alle armate russe, soprattutto nella prima fase della guerra. Considerate le limitate possibilità a causa del conflitto, non è proprio il caso di mancare un’occasione del genere.

Per quanto riguarda la Siria, anche qui, per fortuna, la lista della generosità è lunga, ma altrettanto motivata e in prima fila si trova nuovamente la Russia, che ha promesso al presidente Bashar al-Assad, aiuti consistenti e rapidi. Un atto dovuto, visti i rapporti stretti fra i due Paesi e il fatto che la Siria diplomaticamente rimane isolata, ma anche una mossa con la quale la Russia può aiutare Damasco a scalzare proprio la Turchia da quella zona di influenza che si è creata nel Nord del Paese dopo l’inizio della guerra civile e che ad Assad dà non poco fastidio, visti anche i rapporti personali molto difficili con il presidente Erdogan.

Non mancano le belle sorprese, anche se la volontà e la spontaneità potrebbe contare solo fino a un certo punto. Ma fra i Paesi che invieranno al più presto aiuti alla Siria c’è Israele, con cui, ufficialmente non esistono rapporti. Il premier, Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver autorizzato l’invio di soccorsi dopo una richiesta ‘arrivata da fonti diplomatiche’. Qualunque sia la fonte o il motivo del gesto, getta un piccolo raggio di speranza nell’oscurità delle fredde sere invernali e lascia sperare in un Mediterraneo con minori contrasti in un futuro più o meno breve.

E la Turchia? Al presidente Erdogan, che proprio sulla diplomazia della solidarietà ha costruito parte della sua reputazione di mediatore internazionale, questa volta tocca fare la parte dell’assistito e probabilmente con non poco fastidio. La Mezzaluna non solo sta ricevendo aiuti da decine di Paesi. Questa volta, a differenza del passato, per motivi economici è costretta ad accettarli. Il presidente Erdogan, però, può utilizzare una situazione oggettivamente drammatica per ricucire i rapporti con tutti quei Paesi, in primis gli Stati Uniti, da cui si era allontanato a causa della sua amicizia con Mosca. Il che significa non solo meno isolamento internazionale, ma magari anche nuovi investimenti nel Paese.