Taiwan, Biden apre nuovo fronte con la Cina. Panico alla Casa Bianca: si è sbagliato

Il presidente Usa: "Pronto a un intervento militare in caso di aggressione cinese". Pechino s’infuria, il segretario di Stato, Blinken, deve correre ai ripari.

Migration

Washington - Non basta il fronte occidentale, quello ucraino. Ora si apre anche quello orientale. Sul Pacifico dove si fronteggiano Cina comunista e Taiwan. Prevedibile, temuto. Anche inevitabile? A formalizzare la nuova crisi è Joe Biden, presidente degli Stati Uniti. Ieri a Tokyo, dove si trovava in visita, ha risposto categorico alla domanda di un giornalista. La domanda era: Mister President, lei non vuole un coinvolgimento diretto degli Usa nella guerra in Ucraina, sarebbe pronto a un coinvolgimento militare in difesa di Taiwan? La risposta è stata un secco "yes". Il suo segretario di Stato Antony Blinken si è agitato sulla sedia con gli occhi sul cellulare. Imbarazzo nello staff della Casa Bianca. Immediata una precisazione che sa di rettifica, come quelle in passato su Ucraina e Putin: la nostra politica non cambia, una Cina - Due Sistemi, quello comunista sul continente, quello liberale nell’isola che non vuole farsi sopraffare.

Approfondisci:

Cina-Taiwan: i perché della crisi e cosa hanno da perdere gli Usa

Cina-Taiwan: i perché della crisi e cosa hanno da perdere gli Usa

Taiwan Cina cosa succede: "Usa non possono fermare unificazione nazionale"

Più tardi lo stesso Biden ha ammorbidito i toni: sì, una sola Cina, ma "questo non vuol dire che può prendersi Taiwan con la forza". "Pechino scherza col fuoco ogni volta che fa volare i suoi aerei nello spazio taiwanese". "Abbiamo preso un impegno e lo manterremo". Si riferiva al Taiwan Relations Act : intervento americano immediato in caso di attacco comunista ai ‘’fratelli separati’’. Conclusione: "Penso che questo non accadrà. Siamo contro qualsiasi cambio di situazione con la forza... un’altra azione simile a quanto accaduto in Ucraina avrebbe un peso ancora maggiore". Rabbiosa ovviamente la reazione da Pechino: non sottovalutate la nostra fermezza, nessun compromesso e nessuna concessione. Taiwan è territorio cinese.

A Washington i commentatori parlano di gaffe. Biden sembra avere ancora disatteso la regola d’oro della diplomazia: "Mai dire una verità che non vada detta" (così il saggista Michael Kinsley). Due esempi recenti. Sull’Ucraina, a metà febbrario, affermò che presumibilmente un attacco russo avrebbe avuto obiettivi "limitati". Pochi giorni dopo partì l’invasione russa. Quale interpretazione ne trasse Vladimir Putin? Più tardi, a invasione in corso, Biden lo definì un "macellaio" e affermò che "non poteva rimanere al suo posto". Giusto. Ma in politica ci sono cose che si fanno e non si dicono per non infiammare una situazione. Anche su Taiwan Biden ha detto la verità. Anzi è la prima volta che un presidente americano esce da quella che il Wall Street Journal ieri ha chiamato "ambiguità strategica". È la formula escogitata nel 1979 da Deng Xiaoping e applicata a Hong Kong prima della sua restituzione da parte della Gran Bretagna. È stata accettata anche dagli Stati Uniti, che già nel 1972 con Richard Nixon avevano riallacciato i rapporti. Significa che la Cina è il solo soggetto riconosciuto sul piano internazionale, ma al tempo stesso prevede al suo interno una differente entità con un differente sistema istituzionale e un differente sistema economico.

Questo funambolismo concettuale per quarant’anni ha evitato un conflitto. Taiwan, la ex Formosa come l’avevano battezzata i portoghesi, ha potuto prosperare e svilupparsi nella libertà. Vi si era rifugiato il nazionalista Chiang Kai Shek dopo avere perso la guerra civile contro il comunista Mao Tsetung. Oggi è il 18 esimo Paese più ricco del mondo. Il suo reddito procapite è tre volte quello cinese. Produce più della metà dei semiconduttori. Eppure conta solo 23 milioni di abitanti contro il miliardo e 300 mila della Cina continentale. Ecco i segreti del suo successo: mercato, produttività, investimenti e soprattutto libertà imprenditoriale, una delle più alte del mondo. A sua protezione ha un esercito piccolo ma con armamenti tecnologicamente sofisticati. E poi – come detto – conta sull’alleanza stipulata 43 anni fa con gli Stati Uniti. Diventerà un’altra Ucraina? Xi è più accorto di Putin. Militarmente non può (per ora) sfidare gli Usa. E poi non può permettersi di essere colpito da sanzioni disastrose come la Russia.

cesaredecarlo@cs.com