Mercoledì 24 Aprile 2024

Taiwan-Cina, l'esperto: "Xi molto simile a Putin. L’invasione? Più avanti"

Renzo Cavalieri, Docente alla Ca’ Foscari di Venezia: una guerra non conviene all’economia in crescita del Dragone

Il presidente cinese Xi Jinping (Ansa)

Il presidente cinese Xi Jinping (Ansa)

Roma, 4 agosto 2022 - "La Cina vede una ghiotta finestra di opportunità per incrinare un ordine globale a trazione americana e prendersi un ruolo ben maggiore. Ma non credo che Pechino voglia adesso una guerra per Taiwan, anche per gli effetti disastrosi che avrebbe sulla crescita economica. Certo, c’è una convergenza di interessi con Putin, sebbene le agende siano molto diverse". Così il professor Renzo Cavalieri, sinologo dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

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Xi è il nuovo Putin? "È sostanzialmente una suggestiva semplificazione. Una certa logica leninista di gestione dello Stato è sostanzialmente analoga e così l’ostilità nei confronti del modello sociale, culturale e politico occidentale. Ma Xi ha più visione e più pazienza, sebbene non meno determinazione nel perseguire i propri obiettivi e nel tenere il potere. Ed è il contesto a essere diverso. Certo Xi vuole Taiwan come Putin ha voluto la Crimea. Ma la comunità internazionale ha metabolizzato che esiste una sola Cina dal 1979, quando ci fu il disconoscimento di Taiwan da parte degli Usa. Quindi Xi non ha una urgenza di invadere Taiwan, può aspettare. Sa che è solo una questione di tempo".

Perché una reazione così muscolare di Pechino al viaggio della Pelosi? "Perché il viaggio di Nancy Pelosi è stata visto come una intollerabile ingerenza negli affari interni. Il governo di Xi Jinping ha certamente tra i suoi capisaldi un nazionalismo che comporta una stretta sulle ’Cine diverse’. Lo abbiamo visto su Hong Kong e sullo Xinjang. A maggior ragione lo vediamo su Taiwan. Xi sente il peso del mandato storico di essere il riunificatore della Cina, un punto sul quale non transige. Ed è quindi comprensibile che abbia reagito con forza alla provocazione americana".

A una dura reazione seguirà una riappacificazione nel nome della crescita globale? "Potrebbe accadere. Adesso è un momento delicato per Xi: a novembre ci sarà il congresso del partito e a marzo l’assemblea del popolo e lui sarà presumibilmente rieletto per la terza volta. Ma il come verrà rieletto è questione per lui cruciale. Ecco perché si può dire da qui alla sua rielezione che Xi abbia i nervi scoperti. Dopo, è possibile che la pressione cali".

Altrimenti? "Altrimenti gli effetti sulle catene del valore e sulla globalizzazione sarebbero pesanti, anche se va detto che un certo riorientamento e allontanamento dalla Cina di molti operatori era già in atto".

Vede ancora possibile una riunificazione concordata tra le due Cine? "In questo momento ho dei forti dubbi. Ci sono stati momenti nei quali pareva possibile una riunificazione con una sorta di federazione, sul modello ’un Paese, due sistemi’. Ma Xi preferisce il centralismo. Quindi vedo difficile, se come penso Xi sarà confermato, arrivare a una riunificazione concordata. Nel medio-lungo periodo la possibilità di un atto di forza è in crescita, a meno che Taiwan non decida spontaneamente di cedere. Ma probabilmente il momento della spallata non è ancora arrivato".

Perché Taiwan è importante per Cina e Usa