
Elon Musk riceve simbolicamente la chiave della Casa Bianca da Donald Trump. L’esperienza di Musk è durata 130 giorni, come previsto
di Marta Ottaviani
ROMA
Più che un addio, potrebbe essere un arrivederci, anche solo per salvare la faccia. Elon Musk lascia il DOGE, il dipartimento per l’efficienza, e la sua attività di consulente dell’amministrazione Trump dopo appena 130 giorni, periodo per il quale, è bene sottolinearlo, aveva dato la sua disponibilità. Ma se, ufficialmente, è uscito dalla porta e potrebbe rientrare dalla finestra, e lo stesso tycoon ha detto che potrebbe tornare, nei corridoi del potere si sussurra che l’imprenditore multimiliardario abbia causato non pochi imbarazzi con i suoi atteggiamenti e la sua politica di tagli.
CORDIALE MA NON TROPPO
L’addio ufficiale di Musk all’amministrazione Trump si è consumato ieri nello Studio Ovale davanti a decine di giornalisti. Più che salutare il collaboratore, il presidente Usa ha utilizzato l’evento per evidenziare i risultati dei suoi primi mesi al governo degli States, con Musk che stava in piedi alle sue spalle, meno esuberante del solito.
I DAZI
Il presidente americano aveva già definito "politica e orribile" la sentenza di un collegio federale che aveva bloccato i dazi imposti a tutto il mondo basati su una legge del 1977. E aveva detto che così "si distruggeva la presidenza". In apertura dell’incontro ha lodato la corte d’Appello che ha rimesso in vigore (per ora) le tariffe. Ha poi dichiarato che i dazi sono necessari perché il Paese "è in pericolo". E ha ribadito che per le tariffe "c’è sostegno" ma che è necessario essere veloci: al Congresso servirebbero mesi". In serata, l’annuncio del raddoppio dei dazi sull’acciaio importato, dal 25% al 50%.
L’ARRIVEDERCI
Trump ha definito l’imprenditore ‘il più grande businessman al mondo’, ringraziando per il servizio prestato e chiamando il Doge ‘la sua creatura’. Successivamente gli ha simbolicamente donato la chiave della Casa Bianca, come per fare intendere che le porte per lui saranno sempre aperte. "Elon – ha spiegato Trump - ha fatto un grande servizio all’America. Ho la sensazione che tornerà". Lo stesso Musk ha sottolineato come la sua uscita ‘non sia la fine del Doge’, dichiarando che continuerà a consigliare il presidente e aggiungendo che il suo dipartimento ‘ha fatto un lavoro fantastico’, facendo risparmiare molti soldi.
PRESENZA INGOMBRANTE
Quanto ci sia di vero e quanto per salvare la faccia non è dato di saperlo. E per quanto l’uscita di Musk fosse programmata, sui quotidiani americani sono circolate varie ipotesi. Non solo la sua attitudine poco avvezza al protocollo. A far decidere a Musk di abbandonare Washington sarebbero state proprio le critiche al suo programma di tagli, considerato eccessivo persino per alcuni ministri e che ha portato al licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici nel giro di pochi mesi. C’è poi la questione della legge di bilancio, che secondo il multimiliardario aumenterà il deficit. Musk dunque lascia, ma con il botto. Proprio ieri, il New York Times ha pubblicato un articolo che ha offerto un ritratto dell’imprenditore non proprio rassicurante. Non solo sarebbe dipendente da diverse droghe, fra cui ecstasy, ketamina e funghi allucinogeni. C’è poi una vita privata tumultuosa, con 13 figli (forse 14) avuti da diverse compagne e un atteggiamento paterno non esattamente esemplare. Non il massimo in ambito conservatore. Musk – irritato – non ha voluto rispondere alle domande di un giornalista sul tema.
PIÙ ONERI CHE ONORI
Certo, non si può dire che questa parentesi politica a Musk non sia costata, soprattutto in termini economici. Per la campagna elettorale di Trump ha sborsato 270 milioni di dollari. Le vendite di Tesla, la macchina elettrica per eccellenza (e prodotta in Cina), sono in forte calo, -71% nel primo trimestre. C’è poi la decisione di Trump di chiudere ad Abu Dhabi un maxi accordo con OpenAI di Sam Altman, un tempo socio di Musk e oggi suo nemico numero uno.