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Roma, 25 maggio 2022 - "L’assenza o la diffidenza nei confronti dello Stato sono i motivi per cui il diritto ad armarsi negli Stati Uniti è considerato inscalfibile". Per Federico Rampini – cittadino americano dal 2014, saggista ed editorialista – la strage di Uvalde difficilmente porterà a un giro di vite su fucili e pistole. Strage scuola Texas, la rabbia dei genitori: gli agenti non sono entrati subito Sparatoria in Texas: chi sono i bambini morti nella strage a scuola. Storie e volti Il diritto ad armarsi è inscritto nella Costituzione americana. Oggi ha ancora senso? "Per una parte degli americani sì, tanto che difendono questo diritto proprio richiamandosi alla Carta. Sono posizioni anacronistiche, visto che la Costituzione cominciarono a scriverla quando ancora si combatteva la guerra di indipendenza. Il diritto ad armarsi era riferito alle milizie che lottavano contro gli inglesi. Un pezzo d’America abbastanza consistente è talmente attaccato a questo diritto che finora, nonostante le continue sparatorie e stragi, non si è mai riusciti a trovare una maggioranza per cambiare le leggi". Nei primi cinque mesi del 2022 negli Usa ci sono state 202 sparatorie di massa. Sono morte 290 persone. Questi numeri non significano nulla? "Sono tante le categorie di americani che non vogliono rinunciare alle armi. Per l’estrema destra, che spesso non si fida nemmeno della polizia, una pistola è una garanzia di libertà contro il pericolo di uno Stato considerato troppo invasivo. Non vogliono delegare la loro sicurezza". E poi? "Anche le donne, percentualmente, sono molto armate. Lo fanno per difendersi da eventuali violenze. Ci sono ovviamente i cacciatori e la criminalità. E poi ci sono gli afroamericani che vivono in quartieri particolarmente violenti, dove la polizia si è ritirata, e che vogliono proteggersi dalle gang". Perché le forze dell’ordine non ci sono più? ...
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