Mercoledì 24 Aprile 2024

Stalingrado, deportazioni, nazismo. Tornano le parole e gli spettri del ’900

Kiev e Mosca fanno leva su concetti della Seconda guerra mondiale. E dimostrano che questo è un conflitto antico

Una civile ucraina si addestra alla tecnica militare nella periferia di Kiev

Una civile ucraina si addestra alla tecnica militare nella periferia di Kiev

Per la guerra in Ucraina, nel XXI secolo, si usano parole antiche, quelle del Novecento. Denazificazione, da parte russa, deportazione da parte degli ucraini che evocano anche Stalingrado per esaltare la resistenza di Mariupol. Un vecchio vocabolario per comprendere il presente. Non importa che i paragoni evocati siano esagerati, o non reggano. Quando parli fai capire dove sei nato, nelle grandi città, a Londra, Parigi, Milano o Roma, persino in che quartiere sei cresciuto. Le parole cambiano di generazione in generazione, Mussolini non avrebbe mai definito massa un popolo. I millenians, come vengono definiti i ragazzi nati dopo il Duemila, fanno fatica a comprendere lo slang dei giovani del ’68, i loro padri e nonni.

Dopo settimane di resistenza nella acciaieria di Mariupol, si arrendono i combattenti del battaglione Azov, che per i russi sono nazisti, come emblema hanno una svastica stilizzata. Putin giustifica l’invasione come un attacco all’Ucraina nazista, vuole denazificare il paese, ma non ci crede neanche lui. Dopo la sconfitta del III Reich, gli alleati cominciarono in Germania un processo di denazificazione, i tedeschi complici del regime, piccole o gravi fossero le loro colpe, vennero epurati. Un intero popolo fu chiamato a discolparsi. Naturalmente, quando convenne, sia russi, sia gli occidentali chiusero un occhio.

Durante la guerra, una divisione di SS ucraine combattè contro i sovietici. Ma Stalin negli Anni Trenta aveva sterminato milioni di contadini ucraini. Stepan Bandera, leader nazista durante la guerra, per alcuni è ancora un eroe nazionale. Ma i nostalgici sono ovunque, in Germania, in Francia, anche da noi. Il battaglione russo composto da ex detenuti e terroristi, si chiama Wagner, in ricordo del compositore amato da Hitler.

Non si dovrebbe ricordare che Zelensky è ebreo (gli ebrei in Ucraina erano 2,8 milioni nel 1939 oggi sono circa 45mila). Gli abitanti di Mariupol e del Donbass vengono deportati in Russia? Il numero è incerto, quante migliaia? A detta di Kiev la Russia avrebbe deportato sul suo territorio 1.337.925 persone, tra le quali oltre 200mila bambini.

L’ultimo conflitto mondiale provocò la deportazione di milioni di europei. I polacchi delle regioni orientali furono spostati a ovest. I tedeschi della Pomerania furono spostati sul Reno e in Baviera. In tutto 14 milioni, due milioni più della popolazione del Belgio. ’È stata una Stalingrado’, si dice nel linguaggio comune, persino nel gergo calcistico, per evocare una battaglia decisiva, una vittoria sicura che si conclude con una disfatta. Zelensky dichiara che Mariupol sarà la nuova Stalingrado.

Nel ’42 in estate i tedeschi cominciarono l’assedio, sicuri di una rapida conquista, nell’inverno del ’43, circondati a loro volta, furono costretti alla resa. E fu l’inizio della fine per Hitler. Non importa che il paragone non regga, storicamente e strategicamente. Zelensky lo usa per dare coraggio ai suoi ucraini.

Le parole del secolo scorso fanno capire che in Ucraina è in corso una guerra antica. Dopo la caduta del Muro nell’89, lo storico Francis Fukojama scrisse che era la fine della storia. Un errore imperdonabile, la storia stava per ricominciare. Metà d’Europa era stata soffocata, come congelata, dalla Cortina di Ferro. Improvvisamente liberata, si ritrovò risospinta nel passato, a fare i conti con problemi e conti mai risolti, dai Balcani alla Cecoslovacchia, che si divise pacificamente, all´Ucraina. A Mosca si ammainò la bandiera rossa e tornò a sventolare la bandiera dello Zar. E Zelensky ammonisce: la guerra finirà grazie alla diplomazia. Altra parola di un ieri lontano.