Washington, 5 gennaio 2023 - Undici votazioni e ancora nessuno/a speaker: non succedeva da 164 anni. Negli Usa l'elezione del 'portavoce' della Camera, terza carica dello Stato dopo presidente e vicepresidente, negli ultimi anni ricoperto da Nancy Pelosi, è in stallo a causa delle divisioni del partito Repubblicano che alle ultime elezioni di midterm ha ottenuto sì la maggioranza ma con numeri risicati. Nel sistema bipolare americano il Gop ha attualmente 222 deputati contro i 212 dei democratici. Ma mentre i dem votano compatti Hakim Jeffries, i repubblicani non riescono a convergere su Kevin McCarthy, candidato ufficiale. Il quorum è rappresentato da 218 voti, oppure dalla maggioranza dei votanti. Si rivota alle 18 Dopo più di otto ore e cinque infruttuose votazioni, la Camera dei rappresentanti Usa ha approvato una mozione con cui ha aggiornato il voto per l'elezione del suo nuovo speaker a mezzogiorno dell'Epifania (le 18 in Italia). Un nuovo schiaffo per il candidato ufficiale della maggioranza repubblicana, il 57enne Kevin McCarthy, che nemmeno nell'11ma e ultima votazione è riuscito a scalfire il muro dei ribelli del Grand Old Party e si è fermato a 200 voti. Il leader della minoranza democratica, Hakeem Jeffries, ha fatto il pieno dei 'suoi' 212 voti, sette voti sono andati a Kevin Hern, sostenuto dai ribelli Gop, uno a Donald Trump e altri 12 a vari candidati. I negoziati andranno avanti per il quarto giorno per cercare di arrivare finalmente a una fumata bianca per la guida della Camera bassa riconquistata a fatica dal Grand Old Party nel voto di Midterm: l'ultima volta che si era arrivati a un numero così alto di votazioni per lo Speaker risale al 1859, alla vigilia di secessione americana. Se non altro la mozione sull'aggiornamento è stata proposta e approvata dal Grand Old Party compatto con 219 voti su 221 (due non hanno votato), contrari tutti i 212 dem. Resta l'imbarazzo per questa faida nel partito in mondovisione: lo stallo che impedisce ai deputati di giurare (con i famigliari da giorni a Washington per la cerimonia) e alla Camera di iniziare a lavorare. "Va bene se ci vorrà un po' più tempo", ha commentato McCarthy al termine di un'altra giornata ad alta tensione. Il rischio per il deputato della Calfornia è che, per venire incontro ai dissidenti dell'estrema destra, possa perdere i voti di qualche repubblicano moderato. Di offerte ai ribelli ne sono già state fatte molte (tra cui permettere a un singolo deputato di chiedere un voto di sfiducia per lo Speaker e un terzo dei membri della potente Commissione che istruisce le leggi), ma nemmeno Donald Trump riesce a controllare questa pattuglia. L'ex presidente è stato persino provocatoriamente candidato alla carica di Speaker da uno dei ribelli, Matt Gaetz, che poi è stato presumibilmente l'unico a votarlo. Da parte sua l'ex presidente non è apparso scosso, al punto da postare sul social Truth un fotomontaggio che lo ritrae nei panni di Speaker mentre fa le boccacce alle spalle del presidente Joe Biden. L'impressione è che nelle prossime ore si possa trovare un accordo con i ribelli, sia pure a costo di rendere McCarthy uno Speaker debolissimo. L'alternativa sarebbe un nuovo candidato di mediazione come il vice di McCarthy, l'italo-americano Steve Scalise, più a destra di lui. Protagonista di queste giornate convulse di votazioni è stata la 'clerk' della Camera, Cheryl Johnson, che ha presieduto le operazioni e letto i risultati: l'aula le ha anche dedicato un applauso di gratitudine. Le concessioni agli oltranzisti Tra le richieste a cui avrebbe dato disco verde ci sono quella di consentire ad un singolo deputato di chiedere un voto di sfiducia per cacciare lo speaker e quella di dare all'ala destra del partito un terzo dei membri della potente Rules Committee, la commissione che controlla quali leggi arrivano in aula e in che forma. McCarthy avrebbe ceduto anche sulla richiesta di un dibattito a ruota libera sulle leggi di spesa in cui ogni deputato possa proporre modifiche, compreso l'affondamento dei provvedimenti. Tre scenari Cosa succederà? Tre per ora gli scenari possibili. Il primo è che McCarthy la spunti ma a condizione di ulteriori concessioni ai radicali, che uscirebbero più forti e indebolirebbero il suo controllo sulla maggioranza (improbabile che i dem si spacchino proprio ora). Il secondo è che McCarthy si ritiri o sia costretto a farlo e che si trovi un candidato alternativo che possa unire tutti i deputati Gop. In pole l'italo-americano Steve Scalise, della Louisiana, considerato più ideologico e conservatore. La terza ipotesi, la meno realistica, è che i repubblicani trovino un accordo con i dem per uno speaker moderato di compromesso: Fred Upton, un ex congressman repubblicano, si è già detto disponibile. Nessuna regola impone che lo speaker sia un membro attuale del Congresso). Ma in questo caso le concessioni il Gop dovrebbe farle ai dem.