
Madrid, 16 novembre 2023 – In Spagna Pedro Sanchez è stato riconfermato premier. Il leader socialista ha ottenuto in Parlamento 179 voti a favore e 171 contrari, diventando così capo del governo spagnolo per la terza volta in carriera. Il voto di oggi mette fine a quattro mesi di stallo politico a Madrid, ma sta anche dividendo il Paese per via dell'intesa sull'amnistia tra il Psoe di Sanchez e gli indipendentisti catalani. A favore del premier 51enne hanno votato otto forze politiche: il Psoe, la coalizione di sinistra Sumar, i partiti indipendentisti catalani Erc e Junts, quelli baschi Bildu e Pnv, il partito galiziano Bng e quello delle Canarie CC. Contro di lui i popolari, i deputati della destra estrema di Vox e il partito navarro.
Tra i voti che hanno salvato Sanchez, e la Spagna da nuove elezioni, ma non dalle polemiche, ci sono quelli dei sette i deputati appartenenti al partito separatista catalano Junts, convinti dal leader del Psoe con la promessa di amnistia per Carles Puigdemont e compagni.
Il leader separatista, in esilio autoimposto in Belgio dopo il fallito referendum sull'indipendenza catalana del 2017, ha chiesto l'amnistia per tutte le persone perseguite per azioni legate al movimento. Così Sanchez, che aveva sostenuto a lungo l'impossibilità di concederla perché contraria alla Costituzione spagnola, lunedì attraverso il suo partito ha aggirato il problema presentando un disegno di legge per concedere l'amnistia ai protagonisti del movimento indipendentista catalano negli ultimi 10 anni.
Ne è nato un dibattito acceso proprio in campagna elettorale dove il leader del Partito Popolare, Alberto Nunez Feijoo, ha attaccato Sanchez accusandolo di "corruzione politica" per gli accordi stretti "contro l'interesse generale", e al solo scopo di ottenere un "vantaggio personale".
Tra le accuse di Feijoo l'ipotesi che il disegno di legge sull'amnistia possa in qualche modo rilanciare il movimento indipendentista catalano, affermando: "Nessuno ha fatto di più per la causa separatista del signor Sanchez".