Macelleria ucraina per i soldati russi. Già 15mila morti: il confronto con le altre guerre

In 30 anni gli americani hanno perso 7mila militari in Iraq e Afghanistan. L’analista: "Truppe col morale a terra"

Sei generali e oltre 15mila soldati russi uccisi. In appena 26 giorni la disastrosa offensiva di Putin in Ucraina – in stallo da circa una settimana e vicina a finire, secondo diversi analisti militari americani, la spinta propulsiva – ha provocato più morti in uniforme della guerra in Afghanistan, in cui l’Unione sovietica perse 14.453 uomini, ma in nove anni e due mesi.

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Un soldato russo si arrende alle truppe ucraine
Un soldato russo si arrende alle truppe ucraine

Le stime del massacro variano a seconda di chi le pubblica. Per ora Mosca ha riconosciuto ufficialmente appena 498 decessi (comunque un’enormità); il Pentagono qualche giorno fa ne aveva contati 7mila, mentre l’esercito ucraino e il capo di Stato maggiore della Difesa italiano, Giuseppe Cavo Dragone, più di 15mila. Lunedì sera la Kosomolskaya Pravda , tabloid vicino al Cremlino, aveva scritto che i soldati russi morti in Ucraina, secondo i dati del ministero della Difesa, erano 9.861. Il direttore ha subito cancellato la notizia, incolpando gli hacker dell’operazione di disinformazione. Resta il fatto che, stando alle stime ucraine, ogni sette minuti muoiono tre soldati della Federazione. Un bagno di sangue, il più cruento degli ultimi 47 anni, che dà l’idea dell’incapacità e impreparazione dell’esercito russo. Per trovare un conflitto con più perdite bisogna risalire alla guerra in Vietnam, dove in 21 anni persero la vita 58.220 marine.

Nella battaglia di Iwo Jima, in 36 giorni morirono 6.821 soldati americani. Nella trentennale guerra in Iraq, sommando le varie missioni, furono avvolte nella bandiera americana 4.875 bare. E in venti anni di Afghanistan, non sono tornati a casa 2.325 militari Usa. Le tre campagne sommate non arrivano alle perdite subite dalla Federazione in Ucraina. Ma la macelleria in atto non influenza il dibattito interno. "Il pubblico russo – spiega Marco Di Liddo, analista senior del Centro studi internazionali – non è al corrente del numero reale delle perdite e quindi le morti non incidono sulla percezione della guerra. I russi vengono bombardati dalla propaganda e hanno una versione distorta di quello che succede in Ucraina". Tra le élite, invece, se le perdite dovessero continuare, minando la possibilità di un successo finale, potrebbe aumentare il malcontento nei confronti di Putin.

Totalmente diverso il discorso sul campo. "Le truppe vedono i commilitoni morire, capiscono di essere in difficoltà. Il morale è al minimo e questo influisce sull’offensiva. Anche perché – prosegue Di Liddo – bisogna ricordare che i soldati russi non hanno poi così voglia di uccidere un popolo che considerano fratello. È per questo motivo che sono stati mandati al fronte coscritti giovanissimi cresciuti nel putinismo e che possono credere, senza farsi troppe domande, alla versione del Cremlino che li vede in lotta contro i nazisti ucraini. Se fossero stati mandati dei soldati più anziani, ci sarebbe stata ancora più resistenza". Ed ecco perché Putin ha inviato al fronte i ceceni ed è pronta a usare i miliziani siriani. "Sono uomini addestrati alla guerriglia, ideali per il tipo di combattimento che si va lentamente delineando in Ucraina. Inoltre non hanno alcun contatto culturale con la popolazione locale". E quindi si faranno meno scrupoli a uccidere.

La perdita dei sei generali, oltre a evidenziare una carenza di leadership (tanto che né la Nato né il Pentagono hanno ancora capito chi sia operativamente a capo dell’offensiva), getta ancora più sconforto tra i soldati semplici. "I comandanti vengono uccisi perché l’esercito russo sta incontrando gravi difficoltà logistiche di comunicazione. Gli ucraini riescono a intercettare i messaggi e sanno dove e come si muovono i generali. Ammazzarli con blitz mirati, ovviamente, fa capire alle truppe quanto siano esposte agli attacchi ucraini". Anche perché, sommando i morti ai feriti, secondo le stime americane si arriva fino a 21mila soldati fuori combattimento sui 150mila in campo, ovvero il 14%. "E se un’unità supera il 10% di morti o feriti – hanno spiegato i funzionari del Pentagono al New York Times – non è più in grado di svolgere azioni di combattimento". Ed è anche per questo che Putin ha deciso di bombardare le città ucraine a distanza di sicurezza.