Covid Shanghai: record di contagi. Cosa è la regola del 7 per uscire dal lockdown

Tolleranza zero delle autorità per combattere la nuova diffusione del virus legato alle varianti Omicron. Si può uscire di casa solo dopo una settimana di tamponi negativi. Molti abitanti soffrono la fame. Per commerciare si usa il baratto

Roma, 16 aprile 2022 - Prosegue in Cina la nuova ondata di focolai Covid legati alla variante Omicron. E' record di infezioni dall'inizio della pandemia. La provincia con il maggior numeri di casi segnalai si conferma Shanghai, con 3.590 nuovi positivi. Nella capitale economica del Paese va avanti una severissima politiva di tolleranza zero nei confronti della diffusione del virus. Di fatto è tornato il lockdown della prima ondata per arginare una recrudescenza di Covid che spaventa molto. Le autorità sono inflessibili e non permettono alle persone di uscire se non viene rispettato lo 'schema Covid del numero 7'. A raccontare questo meccanismo legato all'esito dei tamponi è Renato Bernasconi, chef e ristoratore, da 18 anni in Cina e sposato con una donna cinese.

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Come funziona la 'regola Covid del numero 7', basato appunto sul numero 7, in atto a Shanghai? "Dopo una settimana di tamponi tutti negativi si può uscire di casa passeggiando solo nel cortile - dice lo chef Bernasconi -. Dopo ulteriori 7 giorni, se i tamponi risultano ancora tutti negativi, allora si può uscire nel quartiere. Passata una ulteriore settimana, se si è ancora tutti negativi, si può uscire di più". Attenzione però. Come in una sorta di gioco dell'oca, con un solo tampone positivo "si torna al primo livello" di lockdown.

Covid test a Shanghai, alle prese con una nuova ondata di contagi (Ansa)
Covid test a Shanghai, alle prese con una nuova ondata di contagi (Ansa)

La situazione di difficoltà era iniziata a fine marzo nella zona di Pudong, la Shanghai nuova, sede anche l'aeroporto internazionale. Il lockdown inizialmente doveva durare 5 giorni. Il progetto era fare i tamponi a tutti e poi riaprire. In realtà le cose sono invece andate in maniera ben diversa, perché la variante Omicron è dilagata, costringendo il governo a chiudere anche l'altra parte della città. Ora molti cinesi sono costretti ormai da quasi un mese in casa, soffrono la fame e le provviste che non sempre arrivano. Si è addirittura tornati al baratto, retaggio commerciale di origine medioevale. C'è chi scambia quattro pacchi di grissini italiani per una bottiglia di salsa di soia.  "Dove sto io le cose vanno benino: il secondo giorno di lockdown ogni appartamento ha ricevuto un bustone con verdure miste e quattro o cinque chili di maiale. Ad oggi abbiamo ricevuto due pacchi, nel secondo c'erano riso e pomodori", spiega Bernasconi.

Una chiusura dura, per certi versi peggiore di Wuhan nel 2020 e che, soprattutto, i cittadini di Shanghai non avevano mai vissuto prima. "Nel 2020 non era obbligatorio stare a casa, potevi uscire ma era tutto chiuso tranne i 24 ore. Oggi no, non puoi fare nulla". Alla Cina, colpita dalla variante Omicron, viene spesso contestata una campagna di vaccinazione non proprio perfetta. Su questo Roberto ha le idee chiare: "Io sono vaccinato 3 volte con il farmaco Sinopharm e tutta la mia famiglia si è vaccinata. Vero è che molte persone, soprattutto anziane, non lo hanno fatto. Tanti anziani da soli non sapevano nemmeno dove andare. Bisogna tenere presente che dai 65 anni in su dovevano avere persone che li accompagnassero ai centri di vaccinazione". Una organizzazione dunque non proprio perfetta. Ma la domanda che tutti si fanno e': in un mondo che riapre con i vaccini e con una variante che, studi alla mano, sembrerebbe meno letale, perche' la Cina chiude tutto? "Anche noi ce lo chiediamo".