Mercoledì 19 Marzo 2025
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Sempre più zar. Pugno di ferro in patria e successi in Ucraina. Si rafforza in vista del voto

Dissidenti resi inoffensivi, manifestazioni ostili al Cremlino sedate con gli arresti. Il presidente-autocrate manda un messaggio chiaro alle opposizioni interne. E la conquista di Adviidka, nel Donbass, è un assist alla propaganda di regime.

Sempre più zar. Pugno di ferro in patria e successi in Ucraina. Si rafforza in vista del voto

Prima la morte di Alexey Navalny, poi la conquista di Adviidka, nel Donbass. Tra giovedì e sabato Vladimir Putin ha messo a segno due colpi che lo rafforzano in vista del duplice appuntamento dell’anniversario del secondo anno dell’invasione dell’Ucraina e delle elezioni presidenziali russe di marzo.

Secondo alcuni osservatori potrebbero essere l’occasione per Putin, una volta rieletto presidente, per dichiarare vinta la guerra e aprire a una tregua che cristallizzi la situazione attuale, ma in realtà è probabile il contrario: che la morte di Navalny sia stata voluta come monito alle pur sparute opposizioni democratiche russe (secondo la logica: se ho infine ucciso Navalny,il beniamino dell’Occidente, con voi che non siete nessuno posso fare lo stesso in maniera molto più rapida e brutale) per continuare l’operazione militare speciale senza fastidi.

Il messaggio alle opposizioni era probabilmente del tutto superfluo, vista la loro marginalità mostrata dal fatto che dopo la morte di Navalny ci sono state (sparute) manifestazioni solo in trentadue città, che sono state represse dalla polizia schedando i partecipanti e facendo in due giorni – secondo la Ong che si occupa di diritti umani Ovg-info – 359 arresti. Una goccia nel mare in un Paese di quasi 150 milioni di persone che ribadisce la narrazione di un Putin zar che può seguire l’esempio di Ivan Grozny ("Tutti i sovrani russi sono autocrati e nessuno ha il diritto di criticarli, il monarca può esercitare la sua volontà sugli schiavi che Dio gli ha dato").

Quello che sarà invece più utile da un punto di vista dell’immagine è la vittoria ottenuta ad Adviidka, una cittadina del Donbass che è caduta dopo 4 mesi di battaglie ed è la più grande vittoria russa dalla presa Bakhmut. Strategicamente non cambia molto e la città era ormai ridotta ad una distesa di macerie, ma il valore propagandistico è alto. Gli ucraini avevano deciso di ritirasi già dalla vigilia di San Valentino e per questo avevano schierato due battaglioni della terza brigata di assalto.

Ma venerdì i russi hanno lanciato un possente attacco proprio nel 9° distretto, dove si trovavano i battaglioni della terza, provocando il caos nei reparti ucraini che erano già stati ritirati dalle fortificazioni Zenith a sud della cittadina e stavano lasciano il centro di Adviidka. È stato un attacco massiccio supportato da almeno 50 attacchi aerei al suolo (costati l’abbattimento di tre velivoli russi) e condotto a qualsiasi prezzo. "Solo venerdì – osserva l’analista militare Tom Cooper – , i russi hano avuto oltre 1.300 ‘uccisi in azione’, e altri 1.000 sono stati ‘feriti in azione’ e la massa dei loro feriti non può nemmeno essere evacuata. Le brigate russe hanno perso dal 20 al 30% degli effettivi reali nella battaglia di Adviidka. Ma anche gli ucraini, specialmente in un battaglione della terza brigata e uno del 110° meccanizzato hanno avuto perdite importanti e hanno avuto dozzine di prigionieri".

"Sulla base della situazione operativa che si è sviluppata attorno ad Avdiivka, al fine di evitare l’accerchiamento – ha annunciato laconicamente ieri il generale Olexandr Syrsky, comandante delle forze ucraine – ho deciso di ritirare le nostre unità dalla città e passare alla difesa su linee più vantaggiose". Già. La situazione era diventata insostenibile anche per la scarsità di munizioni, che impediva ai difensori di avere almeno la metà del tasso di utilizzo dell’artiglieria dei russi, e dalla mancanza di sufficienti missili antiaerei, che ha consentito all’aviazione russa di condurre ogni giorno decine di attacchi.

Per questo il presidente Zelensky alla conferenza di Monaco ha ribadito: "Contiamo su una soluzione positiva dello stallo al Congresso americano. Per noi questo pacchetto di aiuti è vitale. Ho già invitato Trump in Ucraina e sono pronto a portarlo al fronte per fargli vedere la situazione". Senza gli aiuti l’Ucraina rischia nei prossimi mesi nuove ritirate, ben peggiori di Adviidka, altro che riprendersi Crimea e Donbass. Putin, che tifa Trump, stringe la morsa a casa e in Ucraina, e spera che l’Occidente gli faccia il gran regalo.