L'Hotel Metropol fa la storia. Da spie e artisti fino a Savoini

Nell'albergo di lusso, simbolo di Mosca, ospitati Tolstoj, i nobili e il Kgb

Il Grand hotel Metropol di Mosca

Il Grand hotel Metropol di Mosca

Mosca, 13 luglio 2019 - Riaprì il giorno in cui fallì il golpe, o forse aveva riaperto qualche giorno prima ma i carri armati non avevano aiutato l’arrivo dei clienti. Era il paradiso. Aveva i telefoni satellitari invece delle centraliniste, che dovevi sedurre per farti passare la telefonata. In effetti insieme al Cremlino l’hotel Metropol dovrebbe essere considerato un’istituzione. Dentro si è fatta la storia, ha visto i lussi più sfrenati, come solo i russi sanno fare, e si sono consumate grandi tragedie, come l’eliminazione fisica dei capi politici caduti in disgrazia, sia dopo la Rivoluzione che prima.

Del resto il Metropol è alla destra della piazza Rossa e con il bolscevismo era diventato l’albergo dei grandi, come Bucharin, prima di essere fucilato, ma non di Lenin che invece stava all’hotel Natzional che è al di là della piazza, non lontano dall’hotel Lux dove alloggiavano Togliatti e i capi del Comintern, anche loro ospiti fino alla notte in cui li portavano via. Gli scampati tremavano sotto le lenzuola a sentire quelle grida. Comunque i condannati prima passavano dalla Lubianka, che è dietro l’angolo del Metropol, e che era la stazione finale perché sede prima dell’Nkvd e poi del Kgb. Oggi si chiama in un altro modo ma è sempre il Kgb.

La storia della Russia è passata da qui e il Metropol fu anche teatro di una battaglia tra i cadetti che si erano rifugiati dentro l’hotel e le guardie rosse che erano fuori. Insomma la vicinanza era una comodità, perché gli sventurati venivano prelevati dal Metropol o dal Lux, portati negli scantinati della Lubianka e poi o fucilati o portati in Siberia. Ma il Metropol è anche uno dei più belli alberghi del mondo e francamente pensare ai grandi nomi della storia, che qui hanno abitato e poi pensare a Savoini uno sente tutto il peso del crollo, pensare alle grandi tragedie di Lenin e poi alle cene di Savoini fa capire tante cose. Anche perché Lenin al Metropolitan andava ad arringare i compagni e quasi non mangiava, nelle cronache dell’attualità invece non si accenna a costumi francescani. Ma vanno capiti, tutto qui è concepito per sedurre, a cominciare dall’avvenenza delle signore.

Poi c'è la soavità delle colazioni al mattino nel grande salone centrale, che, ricordo al suono di un’arpista delicata quanto esile. E la raffinatezza dei ristoranti ai piani. Infine c’è l’apparente amicizia dei russi, che è un tratto naturale ma che trova le sue migliori espressioni con gli italiani e questa non è una prerogativa della Lega, è sempre stato così fin dai tempi in cui furono gli italiani a fare tante cose del Cremlino fino a disegnare Sanpietroburgo fino alla Guerra Fredda quando i russi litigavano con tutti meno che con il Pci, e anche lì, è vero che i rapporti si guastarono, ma i rubli continuarono ad arrivare. E tutte queste storie sono passate dal Metropol, almeno da quando venne costruito, dal 1905 in poi.

I clienti sono sempre stati dei giganti, da Tolstoj al pittore Repin, da Bernard Shaw alla Dietrich fino ai muscolari Depardieu e Schawarzenegger. Nei giorni dopo il golpe ricordo la felicità negli occhi di Rostropovic, che girava nella hall con una rosa rossa in mano. Ci sarebbero tante storie da raccontare. Come quella del conte Rostov, che fu condannato a morte dal bolscevichi e poi – poiché era raccomandato – fu condannato a vivere, senza mai uscire per strada, nella suite 317 del Grand Hotel Metropol. Così almeno raccontano i camerieri più vecchi. Epperò nessuno saprebbe dire chi sia questo Gianluca Savoini. Mai sentito. Di certo non è un nobile. Sarà il solito biznessmen.