"I russi in piazza contro guerra e regime. Il dissenso cresce anche al Cremlino"

L’analista Anna Zafesova: l’imperialismo di Putin scontenta il popolo, in otto anni sono aumentate le spese militari e i salari sono rimasti fermi

Il presidente russo Vladimir Putin quando ha annunciato l'attacco in tv (Ansa)

Il presidente russo Vladimir Putin quando ha annunciato l'attacco in tv (Ansa)

Piazza, bella piazza. Quella di San Pietroburgo, la città di Vladimir Putin, che si riempie per protestare contro la guerra che lo zar ha voluto, è un segnale. Forte.

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Un segnale che la Russia non sta tutta con Putin. E che soprattutto non vuole la guerra. "Che ci sia un dissenso nei confronti di Putin è evidente – racconta Anna Zafesova, collega, editorialista de La Stampa e analista esperta di Russia –. Le manifestazioni di un anno e mezzo fa, tutte represse, lo dimostrano. Ma non era scontato che la gente scendesse di nuovo in piazza: averlo fatto significa che c’è un sentimento popolare ben definito".

I russi hanno più paura della guerra che di Putin? "Sì, hanno paura di questa guerra. A schierarsi apertamente contro l’invasione in Ucraina sono stati anche membri dell’apparato putiniano. Faccio un esempio: c’è un appello contro la guerra, firmato da giornalisti che seguono le attività del ministero degli Esteri. Elena Chernenko, corrispondente di Kommersant, si è fatta capofila di quest’appello e le è stata negata la possibilità di seguire i lavori del ministero degli Esteri. Stessa sorte per il conduttore tv Ivan Urgant, quello di ’Ciao’, che si è schierato contro la guerra e gli hanno bloccato lo spettacolo teatrale. Ci sono persone in questo momento, vicine al regime, che si stanno mettendo in gioco e rischiano".  

Ma chi anima la protesta delle piazze? "Detto che in Russia ormai non esiste più opposizione, né la politica nei luoghi istituzionali. La protesta ha due anime: quelli che dicono che Putin ha sbagliato tutto, che è impazzito, che l’Ucraina non c’entra nulla e quelli che invece sono per il pacifismo puro e chiedono di fermare la guerra. E poi c’è la propaganda che è ripartita più forte di prima".

E che cosa sta facendo la propaganda di Putin? "Vieta di utilizzare le parole guerra, aggressione e invasione. Sembra un contesto orwelliano, ma è la realtà. E minaccia, ovviamente, rappresaglie a chi non si attiene a questo diktat. Ma la gente non ha le bende agli occhi e vede quello che sta succedendo in Ucraina e soprattutto vede le risposte che arrivano dall’Occidente".

Chi ha più paura di una Russia isolata dal resto del mondo? "Senz’altro il ceto medio e l’intellighenzia: si sono abituati in questi ultimi anni a fare le vacanze in Europa, ad avere uno sfogo per riuscire a digerire il regime putiniano. Non vogliono rinunciare a quegli agi".

Una questione soprattutto socio-economica. "Non è un caso che in un giorno sono stati ritirati 111 miliardi in contanti e che i cambi in dollaro e in euro sono terminati nel giro di un paio di ore. Si rischia un’altra svalutazione e il rublo, assieme al bolivar venezuelano, è la moneta più svalutata degli ultimi anni".

C’è un dissenso interno anche nel governo russo? "C’è sicuramente, ma è strisciante e non ancora esplicito. E si ragiona molto sui costi e benefici: uscire troppo allo scoperto ora, significa suicidarsi. Molti aspettano di vedere cosa succede, convinti che l’operazione Ucraina sancirà la fine del regime".

Si muove qualcosa anche nei servizi segreti? "Probabile. I documenti di cui è venuto in possesso Navalny, come la piantina della casa di Putin, possono essergli arrivati solo da certi ambienti".

Che forma potrebbe prendere questo dissenso generalizzato? "Difficile dirlo, perché c’è da aspettarsi che dopo le prime manifestazioni di piazza, Putin alzi il livello della repressione. Ma la Russia non vuole questa guerra che vuole invece solo Putin. Anche perché la spinta propulsiva imperialista si è affievolita tra la gente. Negli ultimi otto anni, Putin ha speso in armi, ma i salari sono rimasti al palo e spesso sono diminuiti. L’aspetto socio-economico può essere decisivo per un cambio di scenario interno".

E come potrebbe avvenire? "Difficile per via istituzionale: l’opposizione non c’è e il parlamento non sembra in grado di contrastare Putin. Più probabile come da tradizione russa con un colpo di palazzo".