Russia, il politologo e l’ombra del golpe: "A Mosca può accadere di tutto"

Olivier Védrine (Russian Monitor): "A gennaio sapremo se Putin sarà ancora al potere. Cresce l’opposizione"

Il politologo Olivier Védrine

Il politologo Olivier Védrine

Parigi, 10 ottobre 2022 - "In gennaio avremo la risposta. Sapremo se Putin sopravviverà politicamente o no. Oggi è in crisi, ha le spalle al muro. I prossimi due mesi saranno determinanti". Parla il politologo Olivier Védrine, professore universitario, caporedattore di "Russian Monitor" (giornale internet dell’opposizione russa), docente honoris causa all’Università di Kiev e amministratore dell’Associazione Jean Monnet di cui fa parte Jacques Delors. Francese, 53 anni, Védrine ha lavorato a lungo in Russia prima di trasferirsi a Kiev per protesta contro l’occupazione della Crimea. Non ha mai sbagliato le sue previsioni. Il 29 marzo 2021, un anno prima dell’aggressione russa contro l’Ucraina, scrisse: "Temo che il calo di popolarità di Putin in Russia lo spinga a cercare una vittoria che dia vigore propagandistico alla sua immagine. Il conflitto nel Donbass fra Russia e Ucraina potrebbe intensificarsi".

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Olivier Védrine, cosa sta succedendo nei servizi segreti russi? Qualcuno sta lavorando per la detronizzazione dello zar? Cosa c’è dietro l’omicidio della figlia di Dugin prima, e l’attacco al Ponte di Kerch poi?

"Succede che una parte dell’élite russa, politica e militare, ha cominciato a prendere le distanze da Putin. Alcuni vogliono intensificare la guerra, altri arrestarla. Il divorzio non riguarda per ora la prima cerchia del potere, ma sicuramente è in atto uno scontro fra l’ala ultranazionalista che vuole azioni più violente e una élite che ritiene già persa questa guerra e vuole uscirne al più presto. Il mondo degli affari, ad esempio, sta soffrendo enormemente per le sanzioni. L’opposizione cresce ed è per questo motivo che Putin ha fatto assassinare numerosi oligarchi".

Alcuni analisti parlano di una situazione quasi insurrezionale in Russia. È un’esagerazione?

"In Russia tutto è possibile. Nei 1917 Lenin disse ai suoi che la rivoluzione l’avrebbero vista solo i loro figli. Invece scoppiò poche settimane dopo. Oggi Putin ha ancora i mezzi per schiacciare una rivolta, ma al Cremlino non c’è più niente di sicuro. Se le disfatte militari continueranno, e se la popolazione ne verrà a conoscenza, visto che i media non nascondono più l’esistenza dei problemi, allora la Russia potrebbe ritrovarsi nella situazione del 1905 o del 1917: il popolo non crederà più ai suoi capi e chiederà un cambio di regime".

Cosa si sa sull’attacco al Ponte di Kerch?

"Possono essere stati i russi o gli ucraini. Ognuno dà la colpa all’altro. È stato organizzato dai servizi segreti russi per giustificare una futura replica durissima dell’esercito? È il risultato di un conflitto fra il ministro della difesa Shoigu e i suoi nemici del FSB, i servizi segreti cui era affidata l’integrità del ponte? Di certo l’attentato è opera di professionisti, di forze speciali che dispongono della logistica e dei mezzi necessari".

La minaccia di destituire Shoigu e il capo di stato maggiore Gerasimov preannuncia un terremoto nell’esercito?

"Putin ha paura dell’esercito. È un paranoico, vede nemici dappertutto. Ha bisogno di uomini di provata fedeltà. Ha convocato il consiglio di sicurezza e questo mostra che è in difficoltà".

Pensa al rischio di un attacco nucleare?

"Per ora continuerà con i bombardamenti. Non può usare l’arma nucleare: come fa a sganciare un’atomica e a chiedere poi alle sue truppe di presidiare un’area contaminata, esponendole alle radiazioni? Il nucleare è un’arma politica che serve per farsi ascoltare al tavolo dei negoziati".

Lei ha creato «Matin de Février», piattaforma internazionale finanziata da imprenditori russi contrari alla guerra: dispone di una rete Youtube con base a Kiev, di un canale Telegram e di svariati account Facebook. A cosa serve?

"Ad informare. Centinaia di migliaia di russi hanno lasciato il loro paese per non fare la guerra. Loro e gli altri hanno il diritto di sapere".

Il 15 novembre si riunisce a Bali il G20 cui sono invitati Biden e Putin. Sarà l’occasione per il negoziato finale?

"No, il 15 novembre è troppo presto. I combattimenti andranno avanti sino a che la situazione meteorologica lo consentirà. Il prossimo inverno sarà molto pericoloso per Putin: gli Ucraini avranno sempre più armi dall’Occidente e l’esercito russo rischierà di crollare. A gennaio sapremo molte cose. Vedremo i risultati militari. Conosceremo gli effetti delle sanzioni, vedremo come l’Europa avrà affrontato inflazione e taglio del gas, avremo i risultati delle elezioni di midterm negli Stati Uniti. Uno specchio completo. Ecco: quello potrebbe essere il momento della trattativa. O di qualcos’altro".