
Palestinesi in attesa degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza (Ansa)
Una volta era (quasi) tutto più semplice. Persino le guerre in Medio Oriente. La Russia era Urss, a Teheran fino al 1979 governava lo Scià, Israele faceva guerre soprattutto con l’Egitto, che per decenni aveva occupato la Palestina. L’Italia stava sul sottile crinale del "due popoli, due stati", con una simpatia spesso malcelata per la causa palestinese. Non a caso il Presidente Pertini (1981) insisteva con forza sul fatto che "Israele ha occupato e occupa territori altrui". E Bettino Craxi non mancava di sottolineare come la lotta armata del Olp sarebbe stata giudicata solo dalla storia. Anche la Dc era "equidistante". Ma di recente Pier Ferdinando Casini ha ricordato di essere stato bacchettato da Forlani per aver attaccato Arafat, capo del Olp, appunto.
In un mondo più "piccolo" la politica italiana non era affatto secondaria su quei palcoscenici: quando a metà degli anni ‘80 l’Iran di Khomeyni minò il Mar Rosso e il Cairo chiuse il canale di Suez, furono i cacciamine della nostra Marina a bonificare quelle acque e a far ripartire i traffici internazionali. Oggi, il fuoco che si è acceso è certamente troppo grande perché Roma possa essere il principale pompiere. Se guardiamo a quanto sta accadendo, persino i "Grandi" faticano a tirare le fila di una tregua possibile. Trump ne parla con il consueto ottimismo, mentre cerca di attribuire all’aggressore Putin la veste di mediatore: interessante parte in commedia, se funzionasse, e che potrebbe persino avviare un positivo effetto a catena sul conflitto che lo zar ha innescato. Difficile, non impossibile. In questo contesto, e mentre parte il G7 in Canada, la barra del governo italiano sta con Israele, e con l’Occidente, nella legittima difesa dalla minaccia nucleare degli Ayatollah. Bene. Il che non significa dimenticare la gente di Gaza. Vuol dire che il ruolo dell’Italia non è e non sarà banale con la sua "equidistanza" variabile e attiva che affonda le radici nella storia recente e nella posizione geografica. Perché dalla "Teoria Andreotti" a quella Meloni, anche in un mondo globale, il Medio Oriente continua a guardare con attenzione all’Italia. E viceversa.