Sabato 20 Aprile 2024

Israele, il saggista Eschenazi: "Netanyahu è fuori controllo e ora il popolo si ribella"

"La maggioranza silenziosa contro la destra che vuole governare con la Bibbia"

"Quello che sta succedendo in Israele non si era mai visto in 75 anni di storia: la maggioranza silenziosa si è improvvisamente risvegliata e scende in piazza per difendere il suo diritto di vivere una vita laica e liberale". Gabriele Eschenazi, classe 1954, giornalista e saggista, vede "la ribellione della parte produttiva" del Paese, che finora "si manifestava solo durante le elezioni".

Che cosa sta succedendo in Israele? E che cosa può succedere ancora?

"Per la prima volta, una porzione importante della società, la parte produttiva, laica e liberale, si ribella a un progetto politico che vuole portare indietro il Paese. Si è improvvisamente risvegliata quella maggioranza silenziosa, moderata, che si esprimeva solo nel voto".

Chi scende in strada protesta solo contro la riforma della giustizia – che comunque verrà rinviata – o c’è altro?

"La riforma della Corte Suprema è solo un primo passo per poter avere poi le mani libere nel far approvare leggi e divieti cari all’estrema destra religiosa. Come il divieto di portare il pane negli ospedali durante la Pasqua ebraica, oppure l’esonero dei religiosi dall’esercito. D’altra parte l’ultradestra alleata con Netanyahu dice di voler governare secondo le leggi della Bibbia".

Qual è l’obiettivo politico di Netanyahu?

"Pensa di essere vittima dei giudici, dunque vuole sfuggire ai processi. Rischia seriamente di andare in carcere, d’altra parte in Israele è già successo ad altri premier o presidenti. E poi ha perso smalto rispetto ai primi anni di carriera, sembra non avere più il controllo. Secondo gli analisti pesa anche il ruolo del figlio Yair, un estremista che non si è mai candidato, ma è molto attivo sui social e sembra condizionare la linea del padre".

Ma se si andasse a votare oggi e per l’ennesima volta, Netanyahu vincerebbe ancora?

"Gli ultimi sondaggi danno il Likud, il partito del premier, in caduta libera. La piazza dice che c’è un risveglio laicista. Bisogna vedere, però, come potrebbe comportarsi alle urne un Likud senza Netanyahu: lui è l’ostacolo a fare un governo “meno di destra“ e più moderato".

Potrebbe essere il suo stesso partito a metterlo alla porta?

"Difficile dirlo. Però tutti quelli che hanno sfidato Bibi alle elezioni erano stati prima di tutto suoi avversari interni nel partito. E nello stesso comitato centrale – nome singolare per un partito non di sinistra – ci sono anche quei sindaci, esponenti del potere locale e sindacalisti che hanno scioperato".

Tra le proteste c’è anche quella del console a New York che si è dimesso. La Casa Bianca ha espresso preoccupazione.

"Se Israele è debole, l’Occidente deve certamente preoccuparsi. Per gli Stati Uniti, Israele è un punto di riferimento fondamentale a livello politico, strategico ed economico: Washington non può permettersi né vuole un’altra fonte di instabilità. Del resto neanche Israele può vivere senza la certezza dell’alleanza con gli Stati Uniti e con l’Europa. Ma anche altri hanno paura".

Chi?

"L’instabilità politica ha fatto scappare molte startup hi-tech che si sono trasferite proprio negli Stati Uniti. E comunque chi è rimasto nella Silicon Valley di Tel Aviv era in mezzo alla maggioranza silenziosa scesa in strada contro Netanyahu".