Lunedì 14 Luglio 2025
ANTONELLA COPPARI
Esteri

Riarmo Nato, l’Italia tratta. Sì del Governo ad aumentare le spese, ma il 5% del Pil è ritenuto troppo alto

Il segretario dell’Alleanza a Roma incontra la premier Meloni. Tajani precisa: obiettivo raggiungibile nel 2035 con flessibilità

Riarmo Nato, l’Italia tratta. Sì del Governo ad aumentare le spese, ma il 5% del Pil è ritenuto troppo alto

Roma, 12 giugno 2025 – “Ora siamo al sicuro, ma tra tre o cinque anni potremmo non esserlo più”. Parola di Mark Rutte, segretario generale della Nato, ieri a Roma per il summit dei ministri degli Esteri del Weimar+ e per un faccia a faccia con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. L’analisi del leader olandese è da allarme rosso: “La Russia potrebbe muoversi contro il territorio Nato entro il 2030, non possiamo farci trovare impreparati”.

Mira a un riarmo kolossal, un aumento delle spese militari del 400%: il 5% del Pil in tempi da definirsi. Questione di difesa, ma anche di rilancio industriale. Non a caso nell’incontro con la premier figura come una carta double face. Sicurezza certo, ma anche “costruzione di un’industria per la difesa” in grado di risollevare le sorti del continente.

Fin qui tutto bene. Giorgia concorda, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, conferma: “Siamo favorevoli a rafforzare il pilastro europeo della Nato”. Il collega Guido Crosetto, interrogato al Senato da Giuseppe De Cristofaro (Avs), è cauto, assicura che una decisione sul 5% “ancora non è stata presa”.

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Il segretario della Nato, Mark Rutte, con la premier Giorgia Meloni

Cosa significa Weimar+

È nell’incontro del format Weimar+, dove per Weimar si intendono Germania, Francia e Polonia, mentre il + indica Gran Bretagna, Spagna e Italia (presenti l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas e il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha cui si ribadisce il sostegno), che Tajani avanza riserve. Le riassume così: “L’obiettivo si può raggiungere nel 2035 e con flessibilità”.

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Italia: sì al piano di riarmo?

Sulla carta l’Italia aderisce al piano di riarmo: è il prezzo per essere riaccolti nel circuito dei format europei dai quali, dopo la sbandata per Trump, Giorgia e l’Italia erano stati esclusi. Dissapori superati, la pecorella smarrita è tornata all’ovile, i pastori europei la accolgono a braccia aperte. Lei trova una formula sibillina per segnalare la postazione a metà strada tra Bruxelles e Washington: “Con Trump ci capiamo bene anche quando non siamo d’accordo”.

Nel concreto le cose stanno molto diversamente. L’Italia non è in grado di aderire al piano di Rutte. Crosetto lo dice fuori dai denti: “È impossibile arrivare al 5%; lui propone pure di destinare il 3.5% alla spesa militare e un ulteriore 1.5% a quella per la sicurezza, ma anche il 3.5% è un problema”.

Come coniugare gli obblighi imposti all’Italia dai conti pubblici con il dettato della Nato che obbedisce, peraltro, a un diktat di Donald Trump? La posta in gioco nella partita che si giocherà in parte al G7 in Canada (15-17 giugno) in parte al vertice Nato a L’Aia (24-25 giugno) e in parte al Consiglio europeo a Bruxelles (26-27 giugno) è questa.

Tajani: “Ottimista”

Italia, Gran Bretagna e Spagna (dove ieri il congresso ha bocciato il piano di riarmo) mirano a posticipare la scadenza del 5% al 2035. Rutte vuole riempire gli arsenali entro il 2032, è probabile che alla fine l’accordo sul quale Tajani si dice “ottimista” verrà trovato, ma è quasi certo che l’alleanza chiederà di procedere a tappe ben definite.

Per questo, Tajani chiede “la flessibilità anno per anno”. Se anche si fissano traguardi parziali non è detto che li si debba raggiungere per forza. Un ulteriore problema è la larghezza delle maglie con cui verranno definite le spese in questione. L’Italia le vorrebbe larghissime, tanto da far rientrare nel 3.5 anche la sicurezza in senso lato. Cioè la difesa non contro il temuto orso russo, ma contro l’invasione migrante. Un’interpretazione che va a genio a Matteo Salvini ma che potrebbe essere meno gradita a Rutte e al Consiglio europeo. Il punto di mediazione al momento non c’è. L’ultima ipotesi è quella di fissare un obiettivo da sottoporre a revisione tra quattro anni. Siamo ancora alle prime mosse di una trattativa complessa, non priva di riflessi sulla politica interna, vista l’ostilità della Lega. Ieri Crosetto ha assicurato che la scelta finale spetterà al Parlamento. Il sì del Carroccio è probabile, come i condizionamenti ai quali Salvini non rinuncerà.

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