Non temeva le corazzate, perché era più veloce, e non temeva gli incrociatori perché era più potente: questa, in sintesi, l’eccezionalità della “corazzata tascabile” tedesca Admiral Graf Spee, varata nel 1934 dopo essere stata costruita con accorgimenti all’avanguardia per rimanere sotto il tonnellaggio imposto dai trattati di Versailles. Un gioiello di ingegneria navale: “leggera”, veloce, ma affollata di cannoni di grosso calibro (280 e 150 millimetri), persino dotata di radar, un’invenzione che i tedeschi vollero condividere troppo tardi, nel ’42, con l’alleato italiano. Era comandata dal pluridecorato capitano di vascello Hans Langsdorff e aveva il compito di assalire, come una nave corsara, i mercantili alleati. A poppa, la Spee era adornata da una grossa aquila di bronzo, ovviamente poggiata sulla classica ghirlanda con la svastica. Nel febbraio 2006, tale “polena” venne recuperata dal relitto nell’estuario di fronte a Montevideo in Uruguay sia come trofeo, che come testimonianza di un evento storico: la Battaglia di Río de la Plata, il primo scontro fra la Royal Navy e la Kriegsmarine nella Seconda guerra mondiale. La corazzata tedesca era, infatti, salpata il 21 agosto 1939 dal porto di Wilhelmshaven, e, come nave corsara nell’Atlantico depredò e affondò – senza vittime – nove mercantili. Il 13 dicembre venne avvistata da tre incrociatori della Royal Navy, i quali, dopo un breve scontro a fuoco, la costrinsero a rifugiarsi nel porto neutrale di Montevideo il 14 dicembre. Dopo 72 ore, il governo uruguaiano obbligò la Spee a ripartire e il comandante Landgraf decise per l’autoaffondamento la sera del 17 dicembre nell’estuario del Río de la Plata. L’ufficiale si sarebbe suicidato, sparandosi, dopo due giorni in un albergo di Buenos Aires, non prima di essersi avvolto nella bandiera della marina imperiale tedesca. Dopo anni di diatribe legali, in dicembre la Corte d’appello uruguayana ha ordinato che l’aquila ...
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