Referendum nel Donbass: cosa succederà dopo in Ucraina e Russia

Putin potrebbe usare le regioni come pedine di scambio: l'obiettivo è tenere la Crimea e, possibilmente, anche Donetsk e Lugansk. Sempre che Kiev non avanzi ancora

Roma, 23 settembre 2022 - Che i referendum in Ucraina abbiano un esito scontato - successo a valanga, oltre il 90% della proposta di aderire alla Russia - sostanzialmente nessuno ha dubbi. Dopotutto avvengono sotto la minaccia delle armi in un territorio occupato da una potenza straniera. Ma su quello che accadrà dopo, le ipotesi divergono. L'ipotesi "classica", e sinora prevalente, è che la Russia prenderà atto della richiesta di annessione e la accoglierà nella scia di quanto fatto in Crimea. Allora il referendum (che ebbe il 95.5%) si svolse il 16 marzo del 2014, il 17 marzo nacque una effimera Repubblica di Crimea e il giorno successivo, il 17 marzo fu formato il trattato di annessione della repubblica di Crimea alla Federazione Russa.

Referendum nel Donbass per l'annessione alla Russia (Ansa)
Referendum nel Donbass per l'annessione alla Russia (Ansa)

Se così sarà anche questa volta le regioni in questione - da notare che parte delle regioni di Donetsk e di Zaporizhia sono saldamente in mani ucraine - saranno a tutti gli effetti, per il diritto russo (ma non per la comunità internazionale che non ricoscerà il referendum, Bielorussia e pochi altri a parte) parte della Federazione. Mosca, dice la dottrina militare russa “si riserva il diritto di utilizzare armi nucleari in risposta all’uso di armi nucleari” e altri tipi di “armi di distruzione di massa contro di essa e (o) suoi alleati”, nonché “in risposta ad aggressioni su larga scala utilizzando armi convenzionali in situazioni critiche alla sicurezza nazionale della Federazione Russa”. Quindi il ricorso ad armi nucleari tattiche o no, anche in caso di guerra convenzionale, è previsto, sebbene con confini in buona parte grigi. Nulla di scontato, di automatico ma l'opzione - per quanto folle - è sul tavolo. E nelle aspettative degli ultranazionalisti e dei "falchi" del Cremlino dovrebbe servire, anche allo stato di minaccia, a proteggere questi territori da ulteriori avanzate ucraine.

A parte il fatto che attacchi delle forze armate ucraine sul territorio della Russia e sui territori occupati della Crimea sono già avvenuti in questi mesi e la Russia non ha usato in risposta armi nucleari tattiche, è tutt'altro che scontato che Putin proceda alla ratifica dell'annessione alla stessa velocità vista con la Crimea. È probabile infatti che l'adesione sia tenuta in frigorifero e rinviata di qualche mese, per avere qualcosa da giocare sul tavolo negoziale, dato che in caso di annessione sarebbe poi complicato dire all'opinione pubblica "scusate, restituiamo una parte del nostro Paese".

Il fine di Putin - il minimo per non perdere la faccia e probabilmente anche il potere - è infatti risolvere la questione Crimea (avendo il riconoscimento dell'adesione del 2014) e incamerare Donetsk e Lugansk (tutti o più probabilmente nei confini controllati pre febbraio 2022), possibilmente con un'annessione, ma in subordine anche con la costituzione di due stati "satelliti". Per avere questo Putin sa che - se entro la prossima estate le operazioni belliche continueranno ad andare male - dovrà cedere qualcosa e quel qualcosa sono le regioni di Kherson e di Zaporizhia (oltre al via libera all'ingresso dell'Ucraina in Ue e a un accordo di difesa tra Ucraina e partner occidentali e non). Ovviamente, questo piano reggerebbe se gli ucraini non riconquistassero Kherson e parti dell'oblast di Zaporizhia e del Donbass oggi in mano russa. Ma è quello che Putin spera e lavora per ottenere, anche con la mobillitazione di 300mila coscritti.