Martedì 23 Aprile 2024

Referendum Catalogna, guida al voto in 5 punti. Cosa può succedere oggi

Tutto quello che c'è da sapere sulla consultazione che sta lacerando la Spagna

Protesta contro il referendum sull'indipendenza della Catalogna (Afp)

Protesta contro il referendum sull'indipendenza della Catalogna (Afp)

Barcellona, 30 settembre 2017 - Il referendum sull'indipendenza della Catalogna previsto per oggi, domenica primo ottobre, che sta lacerando la Spagna, è la seconda consultazione di questo genere dopo quella informale del novembre 2014 che registrò un'affluenza del 36% e in cui i sì vinsero con l'80%. Il "referendum vincolante sull'autodeterminazione" è stato indetto con una legge approvata il 6 settembre dal Parlamento catalano. Tuttavia, il portavoce del governo spagnolo ha assicurato che il referendum è già stato "annullato" dallo stato di diritto con il blocco del sistema che potrebbe essere utilizzato per il conteggio dei voti e per il voto elettronico e le forze dell'ordine hanno messo i sigilli a 1.300 seggi elettorali. Per contro, il governo catalano ha detto che il blitz "non ferma la logistica" del referendum. "Che tutti stiano tranquilli, domani si voterà", ha affermato.

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Ecco una guida al voto in 5 punti:

1. QUANDO SI VOTA - Si potrà votare dalle 9 alle 20 nei 2.315 seggi elettorali sparsi in tutto il territorio con 6.249 sezioni. Sono oltre cinque milioni (5.343.458) gli aventi diritto al voto. In totale per la consultazione sono stati mobilitati 50.000 volontari, di cui 7.235 saranno impegnati ai seggi. 5 euro è il costo di ogni urna 'Made in China' che il governo catalano ha acquistato dalla Smart Dragon Ballot Export. 

2. IL QUESITO REFERENDARIO - Si tratta di una unica domanda sulla scheda elettorale: "Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?". Il quesito è scritto in catalano, castigliano (la lingua ufficiale spagnola) e in occitano (parlato nella Val d'Aran). Secondo la controversa legge, il risultato è vincolante e l'indipendenza deve essere dichiarata dal Parlamento due giorni dopo la proclamazione dei risultati da parte della Commissione elettorale catalana. Il presidente catalano Carles Puigdemont ha insistito: "Nessun tribunale o organo politico" può sospendere il suo governo dal potere.

Il quesito del referendum per l'indipendenza della Catalogna

3. CHI SONO I PRO E I CONTRO AL REFERENDUM - I principali attori dello scontro sono Mariano Rajoy Charles Puigdemont. Il primo, leader del Partito Popolare, 62 anni, è capo del governo dal dicembre 2011. Dopo le elezioni del 2016 guida un governo di minoranza, con l'appoggio del partito liberale Ciudadanos, nato in Catalogna per lottare contro il secessionismo catalano. In Catalogna, il PP di Rajoy è soltanto la quinta forza politica e ha ottenuto il 13% dei voti alle ultime regionali del 2015. Rajoy si era opposto al nuovo statuto speciale per la regione che, nel 2006, aveva dato più poteri e competenze ed elevava la Catalogna al rango di "nazione". Su ricorso del suo partito, la Corte Costituzionale annullò alcune parti del nuovo statuto catalano e questo ha suscitato le ire di molti cittadini della regione. I suoi detrattori lo accusano di aver lasciato che la questione catalana si acuisse e di aver fatto prosperare i secessionisti. Rajoy insiste che non può consentire che si celebri il referendum perché incompatibile con la Costituzione. Dall'altra parte della barricata Puigdemont, ex giornalista, 54 anni, il presiente catalano milita per l'indipendenza fin dalla gioventù. E' arrivato alla presidenza della regione all'inizio del 2016, quando il Cup, partito di estrema sinistra che lo appoggia nel parlamento regionale, volle l'uscita del suo predecessore Artur Mas, che incolpava delle politiche di austerità attuate durante la crisi. Puigdemont è intenzionato a celebrare il referendum, costi quel che costi. In caso di vittoria del "Sì", promette che la Catalogna comincerà "rapidamente" la disconnessione dal resto della Spagna. Attualmente è indagato per "disobbedienza", "prevaricazione" e "malversazione dei fondi pubblici" per le spese organizzative del referendum.

4. LA POSIZIONE DELLA UE - Nei palazzi della Ue, invece, si respira un imbarazzato silenzio e il timore di dover fare i conti con una nuova grana di cui le cancellerie europee, già alle prese con la Brexit e l'esigenza di rilanciare il progetto europeo, farebbero molto volentieri a meno. Il presidente dell'esecutivo europeo, Jean-Claude Juncker, ha dribblato l'argomento ribadendo che si tratta di "questioni istituzionali" interne agli Stati membri "di cui non si è parlato" nel corso degli incontri svoltisi nella capitale estone. Tuttavia, dal summit - la prima occasione dopo le elezioni tedesche per fare il punto sulle iniziative per rilanciare l'Ue - non sono mancate dichiarazioni a sostegno del collega spagnolo. Come quelle del presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha espresso "fiducia in Rajoy e nella sua difesa degli interessi di tutta la Spagna. La Francia ha bisogno di un partner forte". Tuttavia, anche Macron ha sottolineato di non avere "commenti o consigli da dare: serve serenità". Il 'mantra' resta quindi quello della non ingerenza. "Rispettiamo le leggi di ciascun Paese", ha osservato il premier Paolo Gentiloni, "senza intrometterci nelle loro dinamiche interne ma facendo riferimento alle norme vigenti". "La costituzione spagnola è legge europea e va rispettata", ha osservato dal canto suo il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani. "Ma è chiaro - ha poi aggiunto - che da lunedì deve cominciare il dialogo tra Madrid e Barcellona". Il presidente del Pe ha poi respinto ogni parallelismo con il referendum svoltosi in Scozia. In quel caso, ha spiegato, la consultazione popolare fu fatta con il consenso di Londra. Ad ogni modo la preoccupazione che il voto catalano possa rilanciare le aspirazioni indipendentiste mai scomparse del tutto in diverse regioni dell' Ue c'è. Ma per qualcuno sono gli stessi governi a dover recitare il 'mea culpa'. Perchè "gli egoismi nazionali hanno preso il sopravvento sull'ideale federalista europeo - si osserva - ed è quindi naturale che ci sia una maggiore voglia di indipendenza anche all'interno dei singoli Paesi".

5. I SONDAGGI E COSA PUO' SUCCEDERE - I sondaggi indicano che vi sarebbe una leggera maggioranza di favorevoli all'indipendenza e un'affluenza prevista del 60%, anche se su quest'ultima grava l'incognita dell'accesso ai seggi che potrebbero essere recintati dalle forze dell'ordine. Il voto certamente si svolgerà in alcune zone, ma le autorità centrali hanno mobilitato 4.000 poliziotti da fuori la Catalogna per aiutare i 17mila uomini dei Mossos d'Esquadra schierati a mantenere la sicurezza e a impedire il voto. Incerto l'atteggiamento che terrà la polizia catalana, a cui è stato ordinato di non usare comunque la forza contro i votanti. I partiti fedeli alla Spagna che hanno vinto il 40% nelle elezioni catalane del 2015 boicottano il voto. Per questo il 'no' è probabile che sarà minimo e altamente non rappresentativo. Allo stesso tempo sarà difficile per Madrid negare il successo dei secessionisti catalani se ci sarà una forte affluenza. La dichiarazione di indipendenza entro 48 ore dall'annuncio di una vittoria del 'si' appare una eventualità altamente improbabile: Carles Puigdemont ha detto che "una dichiarazione unilaterale di indipendenza non è sul tavolo".

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