Sabato 12 Luglio 2025
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Esteri

Razzi, droni e barchini nel Golfo. La guerra sporca dei pasdaran

Nel mirino anche il Mar Rosso. Allerta massima: dai presidi della regione a Sigonella, si alza lo scudo

Razzi, droni e barchini nel Golfo. La guerra sporca dei pasdaran

Roma, 24 giugno 2025 – Il "Grande orecchio americano" fatto di tecnologia, intelligence, satelliti, ma anche di informatori sul terreno, lo aveva messo in conto prima che i giganti del cielo, gli aerei B2 scaricassero le ‘bunker buster’ sui siti nucleari nascosti nei canyon iraniani. E le prime avvisaglie di raid contro le basi americane nell’area del Golfo come ritorsione sono arrivate ieri in Siria con replica in Iraq e alla base di Al Udeid, in Qatar la più grande del Medio Oriente (10 mila soldati, 100 aerei), quartier generale del Comando centrale degli Stati Uniti.

Razzi, droni e barchini nel Golfo. La guerra sporca dei pasdaran
Un’immagine di repertorio della base americana in Qatar

In tutte le basi americane dell’area mediorientale dove sono di stanza circa 40mila militari e centinaia di velivoli l’allarme era già stato elevato alla soglia massima: turni di controllo moltiplicati, alloggio nei bunker, uscite ridotte al minimo e, diminuzione del personale. È stato di guerra. Ovvio che sono i militari statunitensi a temere di più, ma nello scacchiere sono presenti anche nuclei di Italia, Francia e Regno Unito. E il rischio vale per tutti.

Il Pentagono ha storicamente dislocato presidi, uomini e mezzi in Egitto, Barhein, Iraq, Giordania, Kuwait, Qatar, Arabia ed Emirati Arabi Uniti e nell’isola di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano dove sono posizionati negli hangar alcuni Spirit, i bombardieri “invisibili” simili a quelli partiti dal Missouri e che hanno sganciato le micidiali GBU-57. Potenziali bersagli poi possono essere i radar e le apparecchiature elettroniche–sentinella sparse ovunque per individuare i droni e raccogliere informazioni. Lo scudo Usa comprende poi i missili Patriot in Iraq e Israele. Le procedure di allerta sono state estese anche ai contingenti italiani di Gibuti e di Erbil in Iraq, al valico di Rafah a Gaza (carabinieri) oltre che in Libano sotto la bandiera dell’Unifil. Qui, tra l’altro, la missione Onu, da oggi passa sotto il comando italiano agli ordini del generale Diodato Abagnara.

Anche il mare è in fiamme. Il Pentagono ha allertato infatti anche le navi da guerra presenti in Medio Oriente perchè gli Houthi yemeniti hanno dichiarato che prenderanno di mira navi e corazzate Usa nel Mar Rosso, dove è presente anche la Marina italiana. Alberto Pagani, analista, docente universitario su temi di strategia militare, intelligence e sicurezza spiega come si difendono le basi Usa. "Gli americani sono preparati alla difesa, garantita ma in modo limitato, nei loro presidi in due modi. Possiedono radar che possono intercettare i missili e azionare batterie, pur pensate per gli aerei, che colpiscono i dardi fino a 30 chilometri e sistemi d’artiglieria da 35 millimetri, attivi fino a 5 chilometri, con munizioni a frammentazione che esplodono dinanzi ai droni distruggendoli. Questo scudo funziona, ma gli iraniani puntano sulla quantità con gli sciami e qualche vettore può andare a segno.

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Un’altra minaccia è quella degli attentati terroristici mordi e fuggi, specialità iraniana, già utilizzati in Iraq e Afghanistan, con ordigni artigianali, auto bomba, miliziani suicidi che si fanno esplodere. La capacità di guerra asimmetrica dei pasdaran è consolidata. Nelle basi Usa sono state intensificate le linee di controllo proprio per parare anche questi colpi, che non sono da escludere". Il pericolo dei raid dei Guardiani della rivoluzione riguarda anche gli aerei F35, F22 e altri velivoli ricognitori e utilizzati per i rifornimenti in volo e da guerra elettronica posizionati sulle piste e che potrebbero finire nel mirino dei droni kamikaze Shahed iraniani. "I ppasdaran sono specializzati negli attacchi low cost. In mare l’esercito americano sa che deve difendersi anche dai barchini kamikaze, mezzi di poca spesa e molta resa e dai droni subacquei", spiega ancora il professor Pagani. L’area forse più sensibile dove le difese Usa sono state alzate come un muro è in Iraq e Siria, zone altamente instabili dove le milizie sciite sono telecomandate da Teheran. Per questo i 2.600 soldati a stelle e strisce di Erbil e i 1.600 dislocati a Al Asad sono forse più a rischio degli altri. In Iraq ci sono poi le basi aeree strategiche di Harir Air, Habbaniyah, Balad, Ain al-Assad, Taji Air e Speichere. L’allarme per gli americani però si allunga, con meno intensità, fino all’Italia. I luoghi militari di Gaeta, Napoli e Sigonella, potrebbero essere potenziali obiettivi. Ospitano, la Marina, il comando della Nato e un sito aereo strategico. L’allarme rosso suona ovunque.