Martedì 16 Aprile 2024

Ucraina, le vite sospese tra bombe e cancro

Leopoli, i piccoli pazienti oncologici vengono trasferiti in Polonia. "Non possiamo portarli 4 o 5 volte al giorno nel rifugio dell’ospedale"

I piccoli dell’ospedale di Kiev

I piccoli dell’ospedale di Kiev

Leopoli (Ucraina), 9 marzo 2022 - All’ambulanza scappa un trillo di sirena che spaventa madre e figlia. I suoni improvvisi, oltre che forti, si portano dietro immagini che vogliono dimenticare. Attendono sul vialone che conduce all’ospedale di Lviv assieme ad altre decine di bambini accompagnati per lo più da mamme, i padri sono quasi tutti al fronte o da qualche parte a risolvere i problemi che questa guerra inaspettata ha aggiunto a una vita già complicata. Questi 70 bambini che sgambettano verso i quattro autobus in attesa sono appena usciti dal reparto di pediatria oncologica e stanno per affrontare un lungo viaggio verso la Polonia, una decisione resa necessaria dalla situazione sempre più tesa anche qui nell’ovest, dove nessuno vuol credere alla possibilità di un bombardamento imminente ma dove nessuno può permettersi di sottovalutare i segnali. Prima le sculture in centro avvolte da pluriball, poi le opere d’arte spostate nei bunker, infine la partenza di alcune ambasciate europee. Ora il trasferimento dei bambini in un luogo più sicuro.

Mariupol: bombardato ospedale pediatrico. I video choc

"Non potevamo continuare a portarli 4-5 volte al giorno nel rifugio dell’ospedale", ci racconta Andriy Kuzik, il chirurgo della pediatria che coordina le operazioni. Non riesce a star fermo un attimo. Conosce ognuno di quei bambini, conosce le loro famiglie, la loro storia personale e clinica. "Una volta in Polonia verranno smistati in diversi ospedali europei, anche in Italia. Ma ne arrivano di continuo, soprattutto dall’est, da città bombardate".

Come Alina, seduta in prima fila sul bus assieme alla figlia di appena 2 anni. "Siamo scappate da Kharkiv, mio marito è riuscito ad accompagnarmi ma non potrà seguirci". Esiste una deroga speciale ma può essere ottenuta solo in caso di famiglia numerosa e con un paziente molto grave. La bimba di Alina lo è ma ha “solo” un fratello di 13 anni. Il padre resta attaccato al finestrino fino all’ultimo, li segue con lo sguardo anche oltre l’angolo.

Oksana sta per salire sul prossimo bus, lei accompagna il fratellino di suo marito che è rimasto a Kiev con il loro bambino. "Il piccolo ha subito un trapianto a settembre e ora è in riabilitazione. Questo viaggio, anche se è una fortuna, sarà molto stressante per lui".

Sono piccole storie, ognuna segnata da mesi o anni di terapie, cure e speranze spesso infrante. Forse per questo la piccola cappella dell’ospedale è sempre piena di persone che pregano e cantano, riempiendo i corridoi di una nenia che per i bimbi è una ninna nanna. "Speriamo che Dio ci aiuti", dice senza particolare fantasia padre Mykhaylo Shkribyhets, che poi ci sorprende con un’analisi affilatissima. "Gli ucraini e i russi non sono più fratelli. A Lviv non abbiamo le bombe ma la guerra è arrivata attraverso centinaia di migliaia di rifugiati dell’est. L’unica vera “arma” che abbiamo per fermare questa follia sono i bambini. Ma sono ottimista, la primavera sta arrivando. Sbocceranno i fiori e anche i sorrisi".