Pelosi, Ing-wan, Andersson e Marin: le leader che guidano il mondo

Quando il potere è donna: negli Usa, dove anche per i democratici Biden è troppo vecchio, Harris pensa già al 2024

Nancy Pelosi, speaker della Camera negli Stati Uniti (Ansa)

Nancy Pelosi, speaker della Camera negli Stati Uniti (Ansa)

Fragilità, il tuo nome è donna, lamentava l’Amleto di Shakespeare. Il grande bardo sbagliava. Allora, e a maggior ragione oggi, in questo 2022 che vede l’affermazione delle donne di potere. Altro che fragili. Una donna ha causato l’escalation bellica per Taiwan. Due donne hanno rafforzato la Nato contro Putin. Donne sono la presidente dell’Unione Europea e la presidente della Banca Centrale Europea. Un terzo dell’Europa è governato da donne. Donna sarà la prossima premier britannica e donna presumibilmente anche quella italiana. E se l’Europa oggi è quella che è, nel bene e nel male, lo dobbiamo a una donna, alla contestata Angela Merkel.

Elisabetta e Bloody Mary

Del resto già ai tempi di Shakespeare ad alcune (pochissime) donne era stata data la possibilità di dimostrare determinazione e senso della storia. Regina era Elisabetta I, e prima di lei Maria Tudor, la ‘’Bloody Mary’’. E poi – cito a caso – Isabella di Castiglia, Caterina e Maria de’ Medici, Margherita di Navarra, Giovanna la Pazza, le imperatrici Caterina di Russia e Teresa d’Austria, eccetera. La pace di Cambrais, la Pace delle Due Dame, fu negoziata da Luisa di Savoia e Margherita d’Asburgo. Insomma è dagli antichi egizi, dalle bellissime Nefertiti a Cleopatra, che le donne marcano i destini dei popoli. E se la storia le ha ignorate o sottovalutate è perché "sono state raccontate poco e male da storici in gran parte maschi, e quelle che ce l’hanno fatta sono state presentate come eccezioni", scrive Sarah Griswood, biografa delle dinastie reali.

Nancy - Tsai

Ogni re, imperatore, dittatore, capo di stato ha avuto al suo fianco compagne, mogli, amanti, madri, figlie gratificate di un potere esercitato nell’ombra. Ora quel potere è esercitato alla luce del sole, ufficializzato, formalizzato, consacrato dal voto. Almeno nelle democrazie. Riguardiamo la foto scattata alcuni giorni fa a Taipei, capitale di Taiwan. Nancy Pelosi, speaker del Congresso americano, ha voluto inserire nel suo viaggio asiatico l’isola che ospita la Cina democratica proprio di fronte all’immensa Cina comunista. Una nuova guerra fredda rischia di diventare calda. Dopo l’Ucraina davvero non se ne sentiva il bisogno. Ma la signora italo-americana ha carattere. Più del suo evanescente presidente. A Taipei sua interlocutrice è stata un’altra donna, Tsai Ing-wan, presidente della repubblica. Le immagini sono andate ad arricchire la galleria delle donne di potere in questo 2022. E allora ci accorgiamo che oggi una dozzina di Paesi europei sono o sono stati o saranno guidati da donne: la Danimarca (regina e primo ministro), Estonia (presidente della repubblica e primo ministro), Svezia (primo ministro), Finlandia (primo ministro), Georgia (presidente e primo ministro), Islanda (primo ministro), Lituania (primo ministro), Serbia (primo ministro). Sino all’anno scorso c’erano anche la tedesca Angela Merkel e la norvegese Erna Solberg. Presto a Londra al numero 10 di Downing Street al posto di Boris Johnson si insedierà la bionda Liz Truss, superfalco dei Tories. Giurerà nelle mani dell’immortale Elisabetta II, e se la dovrà vedere con la signora Nicola Sturgeon, indipendentista premier di Scozia. Infine l’Italia. A dispetto del fuoco di sbarramento, Giorgia Meloni dovrebbe diventare capo del governo la sera del 25 settembre. Prima volta nella storia repubblicana.

Determinate

Che accade? Ce lo dicono i sondaggi. In Europa le donne hanno ampiamente smentito l’assunto del terribile Schopenauer per il quale "per natura" sono inadatte a occuparsi della gestione del potere. È vero il contrario. Sono determinate e aggressive, spesso più dei colleghi maschi. La finlandese Sanna Marin e la svedese Magdalena Andresson sfidando Putin hanno rovesciato la storica neutralità dei propri paesi e hanno aderito alla Nato. La lituana Ingrida Šimonytė ha chiuso a Putin i corridoi di terra per Kaliningrad, l’antica prussiana Koenigsberg. La francese Marine Le Pen ha privato Emmanuel Macron della maggioranza all’Assemblée Nationale. La già citata Giorgia Meloni sta coronando la sua ascesa istituzionale. E in Spagna il premier Pedro Sanchez è in minoranza nelle Cortes più femminili a memoria d’uomo.

Biden e Kamala

Infine il caso americano. Per la carica più importante del mondo si profila la figura di Kamala Harris. È la vice di Joe Biden, il più discreditato presidente da Calvin Coolidge in poi (anni Venti). A dire il vero anche per lei i polls sono impietosi. Ma non hanno alcun peso. La successione sarebbe automatica.