Mercoledì 24 Aprile 2024

Vertice amaro per Putin. Ora è isolato anche a Est

Samarcanda, dalla Cina né sostegno bellico e né cooperazione più intensa

Vladimir Putin, 69 anni, e Xi Jinping, 69

Vladimir Putin, 69 anni, e Xi Jinping, 69

Roma - Il mondo di domani, contrapposto all’Occidente, si dà appuntamento a Samarcanda, per il summit annuale della Sco, l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione. Si tratta di un organismo a trazione cinese, nato nel 1996 e all’inizio formato solo da Stati gravitanti sull’Asia Centrale: Cina, Kazakhstan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan. Ma quando la tavola è ampia e il cibo sembra appetitoso, facile che altri decidano si sedersi e quindi, dal 2013 al 2021, sono entrati Uzbekistan, Turchia, India, Pakistan e Iran. Se fino a qualche anno fa il summit dell’Organizzazione di Shanghai era un appuntamento pressoché ignorato, adesso l’interesse per questo organismo sta crescendo, complice mire espansionistiche di alcuni Paesi che ne fanno parte e il fatto che gli equilibri al suo interno cambiano e potrebbero accelerare la creazione di nuovi scenari con i quali l’Occidente dovrà necessariamente fare i conti.

Una due giorni intensa, dove ieri il presidente russo, Vladimir Putin ha incontrato l’omologo cinese Xi Jinpig. Un faccia a faccia che il numero uno del Cremlino aspettava da tempo, ma al quale avrebbe voluto arrivare in condizioni diverse. La guerra in Ucraina sta andando male, con il conseguente danno reputazionale per le Forze Armate russe e, a cascata, l’industria di difesa nazionale, che, proprio ai vertici della Sco aveva a disposizione una opportunità importante per piazzare nuove commesse. L’economia arranca ed è destinata a subire ancora di più l’impatto delle sanzioni. Come se non bastasse la stessa leadership di Putin, se non è ancora stata messa in discussione apertamente, è molto meno inscalfibile.

Il numero uno del Cremlino era convinto di potersi presentare da Jinping come un leader vincente nei corridoi del potere e sul campo di battaglia e chiedere a Pechino, se non un appoggio all’impresa bellica, sogno solo accarezzato, almeno l’impegno a una cooperazione economica più intensa, in modo da assorbire parzialmente la botta generata dalle sanzioni sul commercio estero, dove l’import e l’export verso i Paesi che hanno aderito alle misure restrittive rappresentano rispettivamente il 54% e il 51%. Ma, anche sotto questo aspetto, i risultati sembrano al di sotto delle aspettative. La verità è che Putin da questo summit è considerato un leader debole e non solo dalla Cina. Il Capo di Stato del Kazakstan, Qasim Tokayev, lo ha fatto attendere diversi minuti prima di presentarsi all’incontro bilaterale. Prassi che, un tempo, era la ‘firma’ del presidente Putin, famoso per far fare corridoi che potevano durare ore. Se si conta che il Kazakstan a giugno ha approvato un referendum in chiave democratica, che per molti è stato letto come un tentativo per smarcarsi da Mosca, il gesto appare quanto mai simbolico, a intendere che i ruoli si sono ribaltati e che la Russia non ha più né un ruolo di primo piano, né l’esclusiva sull’influenza in Asia Centrale.

Oggi è previsto il colloquio fra Putin e il suo alleato di convenienza, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che però, a differenza sua, si presenta al summit in forma smagliante, nonostante l’economia che va malissimo. Merito del dinamismo diplomatico, dell’aver puntato sull’influenza in Asia Centrale e Pakistan prima di altri e del fatto che con un piede rimane sempre in Occidente. Pechino lo segue, ma non lo teme, per un intuibile ordine di grandezza. La Ue, al contrario, non ha ancora capito quanto possa essere temibile, ai limiti del pericoloso.