Roma, 6 aprile 2022 - Putin sta perdendo in Ucraina, ma ha già vinto in Ungheria e Serbia. Il voto dei giorni scorsi a Belgrado e Budapest, con la conferma al timone di Aleksandar Vucic e Viktor Orban, rafforzerà la deriva autoritaria in atto nei due Paesi. "Con questa vittoria – spiega Giorgio Fruscione, ricercatore dell’Ispi ed esperto di Balcani – Vucic è riuscito a superare la soglia psicologica dei dodici anni, ovvero quanto hanno governato Milosevic e poi i democratici che hanno avviato la successiva transizione. La regressione degli standard democratici continuerà inesorabilmente". Quali saranno gli effetti sullo scacchiere geopolitico? "La politica estera di Vucic è caratterizzata dall’approccio del piede in due scarpe. La prima è quella della Ue, con cui Belgrado coltiva rapporti commerciali indispensabili. L’altra è quella di Mosca, decisiva per salvaguardare l’integrità territoriale della Serbia. Il Cremlino, con il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, è cruciale per ostacolare il processo di indipendenza del Kosovo. Belgrado è candidata da dieci anni a entrare nella Ue e prima o poi dovrà scegliere". All’Europa conviene far entrare la Serbia? "Sarebbe sbagliato chiudere la porta a Belgrado, perché si alimenterebbero i legami politici con Mosca e si abbandonerebbe economicamente il Paese. Ma la Ue dovrebbe ripensare il proprio processo di allargamento ai Balcani, rendendolo credibile e mettendo al centro il rispetto dello stato di diritto". Anche Orban ha rafforzato la sua presa in Ungheria. Che scenari si aprono? "Il premier ha fatto del contrasto con le istituzioni comunitarie uno dei suoi cavalli di battaglia politici. Lo scontro potrebbe acuirsi". Che effetti avrà vincolare i fondi europei al rispetto dello stato di diritto? "Sarà un boomerang. Orban potrà dire al suo popolo che la Ue è contro gli ungheresi. Inoltre se il congelamento dei fondi andrà a impattare ...
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