"C'è Putin dietro Ungheria e Serbia. Per l'Europa è un bel problema"

L’analista Fruscione (Ispi): il trionfo elettorale dei leader filorussi Orban e Vucic è una ferita per Bruxelles "Si acuiranno le tensioni con Budapest, ma una rottura definitiva non è opportuna per l’Unione"

Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, 58 anni

Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, 58 anni

Roma, 6 aprile 2022 - Putin sta perdendo in Ucraina, ma ha già vinto in Ungheria e Serbia. Il voto dei giorni scorsi a Belgrado e Budapest, con la conferma al timone di Aleksandar Vucic e Viktor Orban, rafforzerà la deriva autoritaria in atto nei due Paesi. "Con questa vittoria – spiega Giorgio Fruscione, ricercatore dell’Ispi ed esperto di Balcani – Vucic è riuscito a superare la soglia psicologica dei dodici anni, ovvero quanto hanno governato Milosevic e poi i democratici che hanno avviato la successiva transizione. La regressione degli standard democratici continuerà inesorabilmente".

Quali saranno gli effetti sullo scacchiere geopolitico?

"La politica estera di Vucic è caratterizzata dall’approccio del piede in due scarpe. La prima è quella della Ue, con cui Belgrado coltiva rapporti commerciali indispensabili. L’altra è quella di Mosca, decisiva per salvaguardare l’integrità territoriale della Serbia. Il Cremlino, con il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, è cruciale per ostacolare il processo di indipendenza del Kosovo. Belgrado è candidata da dieci anni a entrare nella Ue e prima o poi dovrà scegliere".

All’Europa conviene far entrare la Serbia?

"Sarebbe sbagliato chiudere la porta a Belgrado, perché si alimenterebbero i legami politici con Mosca e si abbandonerebbe economicamente il Paese. Ma la Ue dovrebbe ripensare il proprio processo di allargamento ai Balcani, rendendolo credibile e mettendo al centro il rispetto dello stato di diritto".

Anche Orban ha rafforzato la sua presa in Ungheria. Che scenari si aprono?

"Il premier ha fatto del contrasto con le istituzioni comunitarie uno dei suoi cavalli di battaglia politici. Lo scontro potrebbe acuirsi".

Che effetti avrà vincolare i fondi europei al rispetto dello stato di diritto?

"Sarà un boomerang. Orban potrà dire al suo popolo che la Ue è contro gli ungheresi. Inoltre se il congelamento dei fondi andrà a impattare sugli standard di vita dei cittadini, l’opinione pubblica radicalizzerà il proprio atteggiamento di ostilità nei confronti di Bruxelles".

L’opposizione in Ungheria si era unita attorno a Marki-Zay. Come mai ha perso ancora più pesantemente di quello che ci si aspettava?

"L’opposizione ha perso un milione di voti, un’enormità. Ha fatto abbastanza bene solo nella capitale. L’incapacità di parlare a chi vive fuori dalla capitale è stata evidente. Il controllo quasi totale dei media, come in Serbia, ha svolto un ruolo fondamentale: Marki-Zay ha avuto appena cinque minuti per spiegare in televisione il suo programma elettorale".

L’Ungheria è il grimaldello della Russia nella Ue?

"Orban ha importato il modello politico autoritario di Mosca. Un sistema che si basa sulla figura dell’uomo forte, l’unico in grado di garantire benessere e sicurezza alla popolazione. Non a caso in campagna elettorale il premier uscente ha promesso che la guerra in Ucraina sarebbe rimasta fuori dalla vita di tutti i giorni. Per questo sta ostacolando le sanzioni alla Russia: vuole barattare l’unità del fronte occidentale per il fabbisogno energetico nazionale, visto che l’Ungheria è altamente dipendente da gas e petrolio russo".

Orban potrebbe essere il primo a pagare il gas russo in rubli. Che effetto avrà questa mossa?

"Da un punto di vista economico non credo che sia una scelta sostenibile nel lungo periodo. Dipenderà molto da come si comporterà la valuta russa".

L’Ungheria ha minacciato molte volte di abbandonare la Ue. A Bruxelles converrebbe lasciarla andare?

"In realtà bisognerebbe chiedersi se a Budapest convenga uscire dall’Unione. E la risposta è no. Il processo di riforme e ammodernamento è fondamentale per lo sviluppo del Paese. C’è un tacito gioco delle parti: a Orban serve un ‘nemico’ esterno per cementare la tenuta del governo. Per Bruxelles, invece, è importante poter mostrare un modello da non seguire: un ‘nemico’ interno che può fungere da monito e capro espiatorio".

I massacri di Bucha e Mariupol potrebbero convincere l’opinione pubblica ungherese e serba a cambiare idea?

"I media filogovernativi non tratteranno in maniera dettagliata la questione. Il 24 febbraio, quando è scattata l’invasione da parte della Federazione, il tabloid più venduto in Serbia ha titolato: ‘L’Ucraina ha attaccato la Russia’. Non mi farei troppe illusioni".