Mercoledì 24 Aprile 2024

Finanziamenti, bufale e soft power: l'altra guerra di Putin

Così la Russia penetra nei gangli degli altri Stati per influenzarne le decisioni

Vladimir Putin, 69 anni, è al potere in Russia dal 7 maggio 2012 (Ansa)

Vladimir Putin, 69 anni, è al potere in Russia dal 7 maggio 2012 (Ansa)

La Federazione Russa non ha mai accettato lo sfaldamento dell’Unione Sovietica, inteso come perdita dello status di ‘grande potenza’. Sotto la guida di Vladimir Putin, dal 2012, ha cercato di riappropriarsi dell’influenza che vantava in determinate aree geografiche, perseguendo una logica neo imperiale, sempre più violenta e contrapposta all’Occidente, con particolare riferimento agli Stati Uniti.

Ma il mondo, nel frattempo, era cambiato. Nuove nazioni – in testa la Cina – si candidavano a giocare un ruolo di primo piano. A questo si deve aggiungere che, con il collasso dell’Urss, la Federazione Russa poteva contare su disponibilità economiche ridotte e doveva fare i conti con il ritardo tecnologico. Occorreva trovare un nuovo modo per fare la guerra e, dopo anni di teorizzazione da parte di accademici e militari, si è arrivati al concetto di approccio olistico al danno. Attaccare il nemico, o l’obiettivo, senza che questo se ne accorga, in modo tale da poterlo controllare o comunque influenzarne le decisioni. Una strategia che, tecnicamente, si chiama guerra non lineare e dove le sue caratteristiche principali sono l’impalpabilità, e quindi la difficoltà nell’incolpare e nell’attribuire, e il fatto che questo tipo di guerra non conosce limiti temporali e quindi va avanti anche in una condizione apparente di pace.

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La disinformazione, la diffusione di fake news tramite i social network e il soft power sono fra le ‘armi’ più potenti per portare avanti questo nuovo tipo di conflitto. Meno costoso, meno letale rispetto a quello convenzionale che ormai da mesi osserviamo in Ucraina, ma dalle conseguenze potenzialmente devastanti, destinate a lievitare nel tempo, senza che nessuno se ne accorga.

Da almeno dieci anni la ‘nuova Russia’ di Vladimir Putin tesse una sottilissima tela fatta di aiuti economici a diverse forze politiche, dislocate in determinati Paesi. Questi ultimi, si possono suddividere in tre categorie: i nemici, i malleabili, quelli da riportare nella sua orbita. L’Italia fa parte del secondo gruppo. Ufficialmente, non è presente nella lista americana degli Stati dove ci sono stati trasferimenti di denaro. Questo però non significa che il soft power russo non abbia agito. Lo ha fatto con corposi investimenti degli oligarchi nel patrimonio immobiliare e in altri asset, facilmente misurabile dal numero di onorificenze concesse, alcune delle quali ritirate durante la guerra in Ucraina.

L’associazione Ruskij Mir, letteralmente mondo/pace russo, si serve della cultura per far filtrare la ‘versione di Mosca’ su tutto. C’è poi il Valdai, un think tank legato al presidente Putin e che pone le basi per scambi ben più sostanziosi. Questi, almeno, sono visibili. Esistono quindi i legami sotterranei. In Italia come altrove, negli anni, sono state individuate diverse figure professionali, centri studi, organizzazioni, realtà individuali che a vario titolo potevano essere considerate amiche o meglio ancora utili.

Volendo associarla a una immagine televisiva in voga negli anni ’80 e ’90, potremmo quasi parlare di una piovra. Nel nostro caso, se deve ancora essere dimostrato che ci siano stati trasferimenti di denaro, di certo Mosca ha blandito tutti quelli che poteva blandire, a turno con il suo portato culturale, il passato sovietico, che molti ancora identificano erroneamente con comunista, il mito dell’uomo forte alla guida di uno Stato sovrano. Perché, a differenza del Comunismo, la Russia di Putin si infiltra dove riesce, indipendentemente dall’orientamento ideologico, proponendosi di volta in volta nel modo più utile per trovare un riscontro. L’importante è influenzare o destabilizzare. Il che significa un tasso di penetrazione ancora più ampio e pericoloso.