Il discorso di Putin e lo schiaffo a Lenin: la storia (recente) dell'Ucraina

La Costituzione del 1924, il referendum del 1991 e l'invasione in Crimea 8 anni fa

Washington, manifestanti protestano (Ansa)

Washington, manifestanti protestano (Ansa)

Roma, 22 febbraio 2022 - Del lungo discorso con cui Vladimir Putin ha riconosciuto l'indipendenza di Donetsk e Lugansk nell'Ucraina dell'est rispetto al Donbass rimangono impressi alcuni passaggi.  Uno su tutti, l'attacco a Vladimir Ilic Lenin, il padre del socialismo reale sovietico. Non è la prima volta che il presidente russo torna sulle radici storiche dell’Ucraina diventando "schiava dei padroni occidentali", sostenendo che non esisterebbe se non fosse per il fondatore dell’Urss. Nel mirino c’è il diritto alla secessione delle repubbliche previsto dalla Costituzione del 1924 che viene vista come motore della disgregazione dell'Urss con la secessione dai territori di Mosca. "Un errore", secondo il leader russo secondo cui Lenin è quindi "l'architetto" dell'Ucraina sovrana. 

I territori russofili. Nel mirino dello zar sono finiti anche i leader sovietici, accusati di aver integrato nell’Ucraina territori che le erano estranei, dal bacino del Donbass alla Bucovina e Transcarpazia, fino alla Crimea, ceduta nel 1954 nell’ambito dei 300 anni dall’intesa fra cosacchi e russi in chiave anti-polacca sancita dal trattato di Pereyaslav. "A chi apparteneva la California in passato? E il Texas? È stato dimenticato? Nessuno lo ricorda", aveva detto in altre occasioni Putin alludendo a due Stati che in passato facevano parte del Messico.

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La storia della secessione di Kiev è chiara: l'Ucraina si è resa indipendente da Mosca nel 1991 proprio alla luce del diritto alla secessione previsto dalla costituzione sovietica. La piena sovranità, prima dichiarata politicamente, è stata certificata da un referendum.

La Crimea nel 2014

È ancora più recente, invece, l'invasione delle forze armate russe in Crimea. Era il 20 febbraio 2014, Mosca reagì all'esautoramento del presidente ucraino, Viktor Janukovich, e del suo governo da parte del Parlamento ucraino in seguito alle manifestazioni dell'Euromaidan contro la svolta filorusso dell'esecutivo.

L'occupazione vera e propria era stata preceduta dai cosiddetti 'omini verdi' - miliziani armati privi di insegne militari - mandati nella penisola a costituire la cosiddetta "autodifesa della Crimea", mentre lungo le coste apparve nientemeno che la flotta del Mar Nero dell'Armata della federazione russa.

Da quel momento alle porte di Sebastopoli comparvero i primi posti di blocco russi, accompagnati da non pochi mezzi corazzati. Due giorni dopo, Putin convocò i capi dei suoi servizi di sicurezza per discutere della "liberazione" di Janukovich, sottolineando che sarebbe stato necessario "iniziare a lavorare per il ritorno della Crimea in Russia".

Dopo alcune manifestazioni pro-russe a Sebastopoli, il 27 febbraio diverse formazioni di 'omini verdi' ingaggiarono una serie di conflitti a fuoco con le forze armate ucraine per poi assumere il controllo del Consiglio supremo (il Parlamento) della Crimea e quindi occupando la maggior parte dei siti strategici della penisola. Insediato un governo filo-russo, venne organizzato a tempo record un referendum sulla "autodeterminazione della Crimea": l'esito sarà 'bulgaro', con oltre 95% di voti favorevoli e porterà, il 18 marzo 2014, all'annessione formale di Crimea e Sebastopoli come due soggetti federali della Federazione russa. Una mossa che alzerà al livello di guardia la tensione con le grandi potenze europee che hanno considerato l'annessione una "flagrante violazione del diritto internazionale, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina".