Mercoledì 24 Aprile 2024

Putin alla messa di Pasqua con Kirill. Ma è un monaco il vero Rasputin

Mentre i suoi soldati massacrano gli ucraini il presidente russo si mostra pio con una candela rossa in mano. Le mosse dello zar ispirate dal sacerdote Tikhon, che negli anni Novanta ne ha favorito la conversione

Vladimir Putin alla messa della Pasqua Ortodossa

Vladimir Putin alla messa della Pasqua Ortodossa

La Pasqua ortodossa si trasforma in una vetrina favorevole a Putin per mostrarsi pio e devoto agli occhi della Russia più profonda e religiosa. Cementificando, quasi ce ne fosse bisogno, l’asse tra potere temporale e spirituale col fedelIssimo patriarca di Mosca, Kirill, del tutto votato alla causa del Cremlino nell’invasione in corso dell’Ucraina. Una candela rossa in mano e il segno della croce: la tv e gli account social di Stato hanno sbandierato un video di un impettito Putin, l’ex spia del Kgb convertita al cristianesimo dal marxismo sovietico, presente ieri alla messa di mezzanotte nella cattedrale ortodossa di Cristo Salvatore, a Mosca. Al suo fianco il sindaco della capitale, Sergey Sobyanin, sull’altare Kirill, a presiedere la celebrazione della Resurrezione. Immagini propagandistiche, bollate come fake sui social da specialisti che parlano di un rispolvero di riprese effettuate quasi un anno fa.

Vero o non vero che sia il video, sta di fatto che, a messa finita, Putin ha inviato al patriarca di tutte le Russie un messaggio nel quale sottolinea come sia "gratificante sapere che sotto la sua guida la Chiesa è impegnata in una proficua interazione con lo Stato". Allo stesso Kirill il capo del Cremlino riconosce "l’enorme contributo per promuovere i valori spirituali, morali e famigliari tradizionali nella società, educando le generazioni più giovani, rafforzando la concordia e la comprensione reciproca tra le persone in questi periodi difficili".

Attenzione a non prendere abbagli. Chi pensa che oggi sia il patriarca l’ispiratore dello zar è fuoristrada. Almeno a sentire chi sa per esperienza ciò che bolle in pentola nell’ortodossia russa che, proprio a causa del pieno sostegno istituzionale alla guerra su larga scala di Putin a Kiev, rischia di perdere un terzo dei suoi fedeli dopo che gli ortodossi ucraini fedeli a Mosca sono tentati dallo scisma. Il vero Rasputin dei tempi moderni, mentore del novello Nicola II, si chiama Tikhon, al secolo Georgy Shevkunov. Praticamente sconosciuto alle nostre latitudini, religiose e non, sarebbe questo monaco ortodosso a guidare Putin nella lotta spirituale della Russia contro l’Anticristo occidentale. La stessa riecheggiata anche nell’omelia di Kirill sulla guerra giusta del Cremlino in Ucraina – ai primi di marzo – che ha persuaso tra l’altro il Vaticano ad annullare il secondo faccia a faccia tra il patriarca e il Papa. È stato Tikhon a condurre alla conversione Putin, a convincerlo dell’idea di riportare in auge la Grande Russia in opposizione alla globalizzazione valoriale dell’Occidente.

I due si sono sono incontrati per la prima volta alla Lubyanka, sede del disciolto Kgb, nella Mosca degli anni ’90, ridotta alla fame anche dall’avidità degli oligarchi che, a prezzi stracciati, fagocitavano l’ex imprese di Stato sovietiche. È in quel vertice segreto che, a detta di don Stefano Caprio, docente di Storia e Cultura russa al Pontificio istituto orientale, per tredici anni missionario nella capitale dell’ex Urss, si può ravvisare (in parte) la teorizzazione dell’invasione odierna dell’Ucraina. "Tikhon – sottolinea Caprio – è riuscito a dimostrare a Putin che il ritorno all’ortodossia non avrebbe rinnegato il passato sovietico". Il monaco è la sua ombra in qualsiasi viaggio, all’estero come in patria, colui che gli ha inculcato il mito di Mosca quale terza Roma dopo la caduta di Costantinopoli sotto il giogo turco. Quello che nel 1999 – Putin era alla sua prima volta da premier– lo ha convinto a far approvare la legge proibizionista che vieta la vendita di alcolici dopo le 23.

Soprattutto Tikhon è la mente grigia del mondo monastico russo che ha cambiato, in senso intransigente e sovranista, le dinamiche intestine al patriarcato di Mosca. È vero che fu Kirill, allora metropolita della capitale a volere nel 2000 il varo del documento ’Dottrina sociale della Chiesa ortodossa’, largamente ispiratore dell’azione politica putiniana. Ma nel 2014 il patriarca, allora meno schiacciato sul Cremlino, rifiutò di partecipare alle celebrazioni per l’annessione russa della Crimea. Altri tempi, oggi le carte nell’ortodossia russa (e al Cremlino) le dà Tikhon.