Pussy Riot: "Noi, le prime anti-Putin. L'Europa deve dire no al gas russo"

Il gruppo punk femminile di Mosca, simbolo della ribellione contro lo zar, si esibirà domenica a Milano. "Senza soldi non c’è guerra. Finire in prigione non è un problema: il vero dramma è l’indifferenza"

"A Putin piace la tua indifferenza", dice una canzone delle Pussy Riot. Ed è proprio contro quel voltarsi dall’altra parte di un’Europa concentrata solo sui suoi interessi finché non s’è trovata la guerra sull’uscio di casa che puntano il dito le pasionarie venute dal freddo, in concerto domenica prossima agli Arcimboldi di Milano, per battere la lingua sul tamburo di quello che per loro è diventato quasi un mantra: "La Russia finanzia le sue attività grazie ai proventi delle forniture di gas e petrolio a quell’Occidente che se chiudesse i rapporti economici con Mosca, metterebbe fine alle sofferenze del popolo ucraino". La concretizzazione politica di quei "Fuck Putin" lanciati ai loro concerti.

Prima eravate isolati a gridare "Fuck Putin" nei palchi e nelle piazze, ora non siete più soli. Perfino i Måneskin vi hanno imitato.

"Per quanto possa sembrare ovvio e scontato, è giusto dirlo. Perché l’arte non è mai slegata dal contesto politico in cui opera. Dovrebbero farlo tutti".

Perché?

"Quella dell’Ucraina è una lotta per l’indipendenza e per l’integrità del proprio territorio. Proprio quello che Putin vuole cancellare con l’obiettivo di tornare all’Unione Sovietica. Il primo seme l’ha gettato otto anni fa con l’annessione della Crimea. Occorre continuare sulla strada delle sanzioni e sull’embargo totale delle forniture di gas dalla Russia. Senza denaro non c’è guerra".

A parlarne dall’altra parte del video è Maria ’Masha’ Alyokhina, diventata celebre otto anni fa quando fu arrestata per la prima volta dopo il blitz proto punk nella Cattedrale di Cristo Salvatore, che ha portato alla ribalta le gesta del collettivo moscovita. In primavera, dopo l’ennesimo arresto, la notizia che stava per essere trasferita dai domiciliari al carcere l’ha spinta ad abbandonare il Paese, travestita da addetta per la consegna del cibo a domicilio, trovando riparo prima in Lituania, poi in Islanda e ora in giro per l’Europa, dove è di scena con le compagne praticamente ogni sera. Masha e la sua ragazza Lucy Shtein, Pussy Riot pure lei, hanno realizzato un Nft trasformando in arte digitale i rispettivi braccialetti elettronici. Il trofeo di una lotta contro il governo russo senza esclusione di colpi. Accanto alla Alyokhina, davanti al video, ci sono Diana ’Kot’ Burkot e la sassofonista Taso Pletner. Masha è la portavoce, ma quasi tutte le risposte sono frutto di un conciliabolo (in russo) tra le tre.

Lo show con cui tornate a Milano è molto fisico. Quanto conta questo aspetto nell’attività che portate avanti?

"Noi siamo il nostro messaggio. In quanto donne, però, scendere in piazza significa mettere l’accento pure sulle difficoltà da cui l’universo femminile è gravato in Russia. Ma il nostro corpo non è un oggetto e quindi non è il focus delle nostre proteste o delle nostre performance. È piuttosto un mezzo per portare il messaggio come la nostra anima e la nostra musica".

In Russia c’è ancora una mobilitazione contro Putin?

"Metà del collettivo delle Pussy Riot s’è unito a noi molti anni dopo le prime proteste. Nonostante l’oppressione del regime, in Russia negli ultimi anni c’è stata una forte crescita di gruppi femministi contrari alla guerra che mettono in atto le loro azioni politiche. D’altronde per portare certi messaggi non bisogna certo chiedere il permesso a noi".

Perché la Russia continua ad affidarsi all’uomo solo che comanda col pugno di ferro e mette a tacere gli oppositori?

"La Russia ha avuto cento anni di totalitarismo e solo dieci di libertà di parola che non sono bastati per far comprendere al popolo russo quali erano stati i danni prodotti da quel regime. Il governo di Putin è patriarcale e ipocrita, perché piega i valori della tradizione ai suoi interessi. Basta vedere come tratta la vita privata, nascondendo figli, moglie e amanti. Questo non accade solo in Russia, ma anche in Polonia, dov’è stato bandito l’aborto, o in Italia con la lobby religiosa molto forte che sta cercando di allungare le mani sul potere".

Masha, lei è stata più volte arrestata finché è scappata dalla Russia. Hai mai avuto paura di fare la fine di Navalny?

"Nonostante la Russia sia ancora uno Stato-prigione come ai tempi dell’Unione Sovietica, per me essere rinchiusa non è un problema. I problemi veri sono il silenzio e l’indifferenza. Bisogna avere la coscienza che non arriverà un eroe a salvarci, ma dovremo esserlo tutti un po’ per tirarci fuori dalle difficoltà in cui ci dibattiamo in questo momento".