Presidenzialismo sì o no? "All’Italia darebbe più stabilità. Ma non è argine ai populisti"

Il politologo francese Marc Lazar: vigilare sulle riforme o si rischia di svuotare il ruolo del Parlamento

Il politologo francese Marc Lazar

Il politologo francese Marc Lazar

"Presidenzialismo sì, ma quale? Con quali garanzie di equilibrio fra poteri del presidente e poteri dell’esecutivo? A queste domande non abbiamo ancora risposta". Ne parliamo con Marc Lazar, storico e politologo, docente a Sciences-Po, presidente del consiglio scientifico dei Dialoghi franco-italiani per l’Europa.

Giorgia Meloni ha detto che il presidenzialismo è una delle sue priorità. Siamo alla vigilia di una grande riforma, o davanti all’ennesimo tentativo velleitario?

"Credo che la vostra premier s’impegnerà a fondo per ottenere un risultato in questo campo, visto che negli altri, l’economia e la società, ha margini di manovra limitati a causa del rapporto con la Commissione europea".

Avrà il supporto politico necessario?

"Questo è il problema. Per modificare la Costituzione occorre la doppia approvazione, a maggioranza assoluta, di Camera e Senato. E c’è sempre la possibilità che venga chiesto un referendum, con gli imprevisti che possono derivarne. Ne sa qualcosa Matteo Renzi, sconfitto nel 2016. Nel 1969 perfino il presidente De Gaulle dovette dimettersi dopo la batosta del referendum sulle regioni che aveva promosso. A parte queste incognite, non ci sono dubbi sulla volontà di Giorgia Meloni, che ha fatto del presidenzialismo la cifra della sua linea politica".

Quali sono i vantaggi e i rischi di un regime presidenziale?

"Il vantaggio per l’Italia, che soffre di un grave deficit di governabilità, è che il potere sarebbe più identificabile agli occhi dei cittadini. Questo offrirebbe maggiore stabilità. Un presidente forte darebbe un segnale di governabilità più efficiente. Il guaio, però, è che non sappiamo bene di quali poteri si doterebbe. Quale articolazione avrebbe con il primo ministro? Che tipo di rapporto terrebbe col Parlamento? Ma c’è anche un’altra difficoltà, e non delle minori: il peso dell’eredità del passato. L’Italia ha conosciuto 20 anni di dittatura fascista: ampliare i poteri presidenziali in un paese in cui ancora esiste, in una parte della classe politica, l’eredità dell’ideologia mussoliniana, non può non far paura a larghe fasce della sinistra, dei moderati e dei centristi".

Non è curioso che da noi la sinistra rifiuti l’ipotesi presidenzialista, mentre in Francia il presidente che ha più profittato di questo regime è stato il leader della gauche François Mitterrand?

"Non tutta la sinistra italiana ha espresso ostilità. Non lo hanno fatto D’Alema, Giuliano Amato e Bettino Craxi che Forattini ritraeva nei panni di Mussolini. In Francia, è vero, Mitterrand – che aveva denunciato il “colpo di Stato permanente“ – capì che la riforma presidenzialista gli avrebbe facilitato la conquista dell’Eliseo nel 1971. Oggi la gauche francese è divisa: una parte è favorevole all’elezione del presidente a suffragio universale; un’altra, la France Insoumise di Mélenchon, è contraria e vorrebbe una Sesta Repubblica".

Il presidente ha troppo potere in Francia?

"Sicuramente. È un monarca repubblicano. Decide quasi tutto e polarizza tensioni terribili: lo abbiamo visto con i gilet gialli che volevano la ghigliottina per Macron. Parlamento e governo hanno un ruolo limitato: Sarkozy aveva detto del suo primo premier che era “il suo collaboratore“. La conseguenza è che la gente non va più a votare".

C’è chi ritiene che il regime presidenziale combatta l’astensionismo, visto che dà voce al popolo con l’elezione diretta.

"In un certo senso è vero. I francesi criticano l’eccesso di potere, ma la gara per l’Eliseo è l’unica che li appassiona. Peccato che non accada altrettanto per l’elezione dei deputati. Paradossalmente si dà voce al popolo e al contempo s’indebolisce la democrazia rappresentativa, perché il presidente decide tutto e il Parlamento non conta granché. In Italia è il contrario: il Parlamento ha molti poteri ma l’esecutivo ha difficoltà a decidere".

Alcuni pensano che il presidenzialismo sia un antidoto al populismo.

"Hanno torto. Guardiamo alla Francia: i populismi di sinistra (Mélenchon) e di destra (Le Pen e Zemmour) hanno un successo enorme. È la prova che il presidenzialismo non è un argine al populismo, che nasce da problemi economici, sociali, culturali, identitari e via dicendo".

Il giurista Sabino Cassese non si oppone a priori alla possibilità del presidenzialismo, a condizione che il presidente resti una figura di garanzia e non pregiudichi la libertà dell’esecutivo.

"Sabino Cassese è un grande saggio e io lo ascolto sempre con grandissima attenzione. Il ruolo di arbitro del presidente è fondamentale e uomini come Scalfaro, Ciampi, Napolitano e adesso Mattarella sono molto più presenti nella dialettica politica. Si può tentare la strada del suffragio universale. Ma dobbiamo sapere entro quali limiti e per quale risultato. Questo è decisivo. Il futuro lo dirà".

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