Giovedì 18 Aprile 2024

Petrolio, Trump blocca l'import dall'iran. Stop alle esenzioni per 8 Paesi

La misura ha causato un forte aumento dei prezzi del barile di oro nero: più 3% circa, a quasi 66 dollari al barile

Il presidente iraniano Hassan Rouhani e il ministro Bijan Zanganeh inaugurano un impianto

Il presidente iraniano Hassan Rouhani e il ministro Bijan Zanganeh inaugurano un impianto

Washington, 22 aprile 2019 - Donald Trump ha deciso di non rinnovare le esenzioni 180 giorni (che scadono il 2 maggio) per l’import di petrolio iraniano. Si alza dunque ulteriormente la pressione Usa (di recente il corpo dei Guardiani della rivoluzione è stata definita organizzazione terroristica straniera) per piegare l'Iran, nemico numero uno di Washington nel Medioriente. La Casa bianca spiega che la decisione "mira ad azzerare l'export di petrolio iraniano, negando al regime la sua principale fonte di entrate". Tra gli otto Paesi cui erano state concesse le esenzioni (Cina, India, Turchia, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Grecia) c'è anche l'Italia, tramite l'Eni

La misura ha causato un forte aumento dei prezzi del barile di oro nero: più 3% circa, a quasi 66 dollari al barile, vicino ai massimi degli ultimi sei mesi.

Una stretta che si prevede particolarmente difficile per Pechino, impegnata in negoziati commerciali complessi con l'amministrazione Trump, e per Nuova Delhi, alleato strategico degli Usa e terzo più grande importatore di petrolio, circa un decimo del quale proviene dall'Iran.  "Se non lo rispetterete ci saranno sanzioni", ha avvisato il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo. Turchia e Corea del Sud hanno duramente condannato la decisione americana. "Non accetteremo sanzioni unilaterali e vincoli su come gestiamo le relazioni con i nostri vicini", ha dichiarato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, il cui Paese ha già rapporti tesi con l'amministrazione degli Stati Uniti. Da Seul promettono di continuare fino alla fine "a fare tutto il possibile" per ottenere un "rinnovo dell'esenzione".

Dopo essersi ritirato quasi un anno fa dall'accordo internazionale del 2015 siglato per impedire a Teheran di acquisire la bomba atomica, che Trump riteneva troppo lassista nei confronti iraniani, Washington ha ristabilito a novembre scorso dure sanzioni economiche contro la repubblica islamica. Soprattutto, ha accompagnato la sua decisione con la minaccia di ulteriori misure punitive anche per i Paesi che avrebbero continuato a commerciare con l'Iran. "Le sanzioni americane sono illegali per principio", ha ribadito il governo di Teheran.  Il divieto di acquistare petrolio iraniano, le cui vendite rappresentano, secondo Washington, il 40% delle entrate del Paese, era la principale dei queste sanzioni, che si vogliono rendere "le più pesanti della storia". Gli Stati Uniti hanno comunque concesso esenzioni per sei mesi, ritenendo che il mercato mondiale non potesse sostenere una cancellazione troppo improvvisa delle vendite di greggio iraniano. 

Trump ha poi promesso che l'Arabia Saudita e altri membri dell'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), come gli Emirati Arabi Uniti, avrebbero "compensato" il calo dell'offerta. Il governo saudita ha immediatamente dichiarato di essere pronto a "stabilizzare" il mercato. Secondo l'agenzia specializzata, S & P Global Platts, a marzo l'Iran ha esportato in media 1,7 milioni di barili al giorno, di cui circa 628.000 in Cina e oltre 357.000 in India.