Party gate: Boris Johnson salvo dal voto di sfiducia, Tory divisi

Alla fine non passa la sfiducia al premier, che incassa 211 voti a favore e 148 contrari. Gli analisti: comunque adesso è più debole

Boris Johnson è emerso dal voto di sfiducia di ieri sera umiliato e indebolito. È sopravvissuto, ma l’enorme numero di voti contrari, ben 148 (ovvero il 41% dei parlamentari tory), non lascia dubbi che il premier britannico è ora un "dead man walking", ovvero un morto che cammina.

"Posso annunciare che il gruppo parlamentare ha fiducia nel primo ministro", ha detto Sir Graham Brady dopo aver riferito i risultati delle votazione. Secondo il regolamento ora Boris è protetto per i prossimi 12 mesi da un altro tentativo di sfiduciarlo, ma Johnson ha ottenuto un peggiore risultato di Theresa May (che ha avuto 133 voti contrari al suo voto di sfiducia, e si è poi dimessa entro 6 mesi). Dalle vette della vittoria elettorale del 2019, un successo che non ci si ricordava dai tempi della Thatcher, e con un’opposizione considerata generalmente incapace, il disastro in cui il 57enne Johnson si trova adesso è soprattutto auto inflitto.

È lui che, dopo aver ordinato severissimi lockdown per contenere la pandemia ha tenuto feste a Downing Street mentre il resto del Paese era confinato e a lutto. È lui che ha mentito in Parlamento, negando di aver infranto le regole fino a quando è dovuta entrare in gioco la polizia, che lo ha multato proprio per averle infrante. Il rapporto di Sue Gray sugli eventi a Downing Street, pubblicato di recente, ha rilevato "serie mancanze di leadership" e lo ha accusato di comportamenti "ben lontani dagli standard che ci si aspetta dalla più alta carica di Stato".

Ora c’è un’altra commissione che sta esaminando se il premier ha mentito consapevolmente alla Camera dei comuni (se sì, dovrebbe dimettersi). E poi ancora, lo scandalo della ristrutturazione dell’appartamento a Downing Street, le amicizie sconvenienti con oligarchi russi, le vacanze ai tropici pagate da donatori ignoti, le rivelazioni dannose del suo ex-mastino Dominic Cummings…

La leadership di Boris Johnson è carambolata da uno scandalo all’altro. Eppure finora, pur consci delle manchevolezze del loro primo ministro, agli inglesi piaceva. A Westminster era stato ribattezzato il "maialino unto" per la sua capacità di sgusciare da qualsiasi sventura. Ma questo suo super-potere sembra ora svanito. La debolezza di Johnson ora rischia di scatenare una faida all’interno del partito conservatore, tra l’ala dura e brexittara di destra e le colombe più centriste e filo-europee dalla parte opposta. E gli occhi di tutti sono già puntati sui papabili, tra cui in pole position si trovano Jeremy Hunt (ex ministro degli esteri e della sanità), Liz Truss (ministra degli esteri attuale), Tom Tugendhat (capo della commissione affari esteri) e l’outsider Penny Mordaunt (brevemente ministro della difesa e ora sottosegretario al commercio).