Roma, 7 luglio 2025 – Un nuovo partito dal futuro incerto e che, per il momento, sembra più un elemento di disturbo per Donald Trump. Gianluca Pastori, docente alla Facoltà di Scienze Politiche e Sociali all’Università Cattolica e ricercatore dell’Ispi ha spiegato perché l’avventura politica di Elon Musk è tutta in salita.
Professor Pastori, Musk ha dato vita all’America Party. Ma fa sul serio, secondo lei?
“Musk è un uomo dalle intuizioni rapide e dalle efficaci realizzazioni. Quindi, sì, è facile che faccia sul serio. Rimane però da capire quanto l’America Party possa essere un soggetto politico importante nel quadro americano. Fino a questo momento, chi ha cercato di dare vita a un terzo partito non ha mai avuto davvero successo”.

I precedenti sono diversi, in effetti. Pensiamo solo a Perot nel 1992, Wallace nel 1968 e il verde Nader fra il 2000 e il 2008. Cosa potrebbe avere Musk più di loro? È uno degli oligarchi di internet, è già molto famoso.
“Dalla sua, in questo momento, ha soprattutto, forse solo, la potenza di fuoco che è però una novità sostanziale”.
Ma è sufficiente?
“È un manager di successo, quindi ha tutte le capacità di gestire capitali, raccogliere risorse e organizzarle. Il problema, però, è che negli Stati Uniti, se vuoi fare politica e vuoi funzionare devi saper adattare il tuo partito alle esigenze dei singoli Stati. È un po’ come se dovesse dare vita a un America Party moltiplicato per 51”.
Quali sono gli Stati dove, ipoteticamente, potrebbe avere più successo?
“Sembra un paradosso, ma penso che Musk potrebbe funzionare in uno Stato progressista e aperto alle novità come la California. Lo vedo male, invece, nell’America profonda, quella che ama Trump perché vede in lui un conservatore”.
Per il momento abbiamo solo pochi tweet di annuncio. Ma come crede andrà avanti Musk? Si presenterà alle elezioni di midterm? O parteciperà alle presidenziali, ma attraverso un suo candidato, visto che lui, essendo nato in Sudafrica, non può aspirare alla Casa Bianca?
“È davvero troppo presto per dirlo. L’unica certezza è che nel 2028 se correrà dovrà farlo per interposta persona. Il problema è capire chi potrebbe correre per lui. Difficile trovare uno con il suo carisma che accetti di fare il candidato di facciata. Diciamo che per il momento vedo più questo partito come un elemento di disturbo per Donald Trump”.
A che bacino può puntare l’America Party e a che corrente di pensiero può ispirarsi?
“Credo si potrebbe rivolgere a quelli che in Trump hanno visto una sorta di iper libertario, diciamo così. Quindi libertà di impresa e politica fiscale generosa nei confronti della ricchezza privata a cui andrebbe di pari passo a una piattaforma di tagli forti alle spese pubbliche. Un po’ quello che gli abbiamo visto fare come responsabile del Doge, insomma”.
Musk è l’uomo più ricco del mondo. Ma lei sa meglio di me che per fare politica negli Usa ci vogliono appoggi di gruppi economici e quindi di potere. Chi potrebbe puntare su di lui?
“Ragionando in maniera astratta, direi che i settori innovativi potrebbero essere un riferimento importante per l’America Party. Però c’è da chiedersi quanti imprenditori o grossi nomi della finanza e del capitale siano davvero disposti a lasciare la strada vecchia per quella nuova, soprattutto se la strada nuova è un personaggio difficilmente prevedibile come Musk”.
I rapporti fra Trump e Musk nelle ultime settimane sono stati burrascosi. Come reagirà secondo lei il presidente a questo nuovo partito? Musk rischia qualche provvedimento che leda i suoi business?
“Mi aspetto il consueto scambio verbale accesso. Conosciamo Trump e sappiamo quanto possa essere prevedibile. Ma non credo che fra i due si arriverà a uno scontro aperto, sia l’uno che l’altro hanno troppo da perdere. Quindi fiammate, ma nulla di serio. Almeno per il momento”.