
Anche Macron avverte Netanyahu. Tel Aviv: è una crociata antisemita. .
Malgrado le pressioni per una tregua provenienti dagli Stati Uniti (per il presidente Usa Donald Trump "siamo molto vicini" a un cessate il fuoco) una serie di attacchi sempre più ruvidi anche da Paesi amici come Francia e Germania, Israele procede con determinazione nella operazione ‘Carri di Gedeone’ e ritiene che già si avvertano sul terreno risultati concreti. Riferendosi all’apertura di tre centri di distribuzione di pacchi di alimentari mediante una organizzazione poco nota vicina a Israele, la ‘Gaza Humanitarian Foundation’ (Ghf), Benyamin Netanyahu si è espresso con toni molto compiaciuti. "Si tratta di un successo davvero strategico. Essi contribuiranno ad abbattere Hamas e dunque dovremo continuare a gestirli anche nel contesto della tregua" appena proposta dal mediatore Usa Steve Witkoff e tuttora al vaglio di Hamas. Dalle Nazioni Unite giungono invece avvertimenti allarmanti. "Gaza è il luogo più affamato della terra", ha detto un portavoce della agenzia umanitaria Ocha. "L’intera popolazione è sull’orlo della fame". L’esercito israeliano replica con dati diversi: negli ultimi giorni, afferma, sono stati distribuiti dal ‘Ghf’ 35 mila pacchi di alimentari, ciascuno dei quali garantisce pasti per cinque giorni ad un’intera famiglia. Fra chi non si dice convinto delle assicurazioni israeliane vi è il presidente francese Emmanuel Macron che a giugno presiederà con l’Arabia Saudita una conferenza internazionale sulla ‘Soluzione dei due Stati’. Ieri Macron ha denunciato la gravità della situazione umanitaria a Gaza e ha avvertito che i Paesi europei potrebbero "indurire" le posizioni verso Israele. Nelle stesse ore anche il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha affermato che il suo Paese sta valutando se quanto avviene a Gaza sia compatibile col diritto internazionale e ha lasciato intendere che se la risposta fosse negativa potrebbero essere sospese forniture di armi a Israele.
Con toni molto aspri il ministro israeliano della Difesa ha replicato a Macron che la recente approvazione di 22 nuovi punti di insediamento ebraico in Cisgiordania rappresentano una "svolta storica. Se voi riconoscerete sulla carta uno Stato palestinese quella carta finirà nella pattumiera della Storia. L’insediamento ebraico in Giudea-Samaria (il nome biblico della Cisgiordania, ndr.) si rafforzerà, e Israele prospererà. Che nessuno ci minacci di sanzioni, perché non chiniamo il capo di fronte alle minacce". Altre espressioni polemiche verso Macron sono giunte dal ministero degli Esteri ("sta facendo una crociata per i palestinesi") e dal ministro Itamar Ben Gvir che ha postato su X la frase "È il momento di intervenire con tutte le nostre forze a Gaza, dopo che Hamas ha nuovamente respinto la proposta di accordo" e subito dopo un’immagine che mostra il presidente francese con un elmetto da giocatore di football americano accanto alla moglie, in difesa, con un riferimento ammiccante a immagini diffuse nei giorni scorsi.
Mentre Hamas si dice impegnato in consultazioni con altre fazioni palestinesi circa la tregua proposta da Witkoff (60 giorni di cessate il fuoco, scambio in due scaglioni di ostaggi vivi con prigionieri palestinesi, e trattative per una tregua permanente) sul terreno l’esercito preme sull’acceleratore e ieri ha ordinato lo sgombero immediato di una vasta area nel nord della striscia (Jabalya e dintorni), due giorni dopo lo sgombero forzato di Khan Yunis, la più importante città del sud. Da fonti militari Haaretz ha appreso che decine di ruspe militari sono impegnate in continuazione ad abbattere edifici e a livellare zone evacuate, nell’intento di neutralizzare la fitta rete di tunnel di Hamas. La popolazione palestinese teme che queste misure abbiano anche un secondo fine: rendere la situazione talmente insopportabile da gettare le basi per un esodo. L’esercito ha avuto ordine di completare entro due mesi il controllo sul 75 per cento della Striscia.