Giovedì 18 Aprile 2024

Attentato a Parigi. "Basta sottomissione all’Islam, leggi più dure"

L’ex direttore dei servizi segreti francesi mette in guardia: solo punire non serve, va impedito ad ogni costo il proselitismo

Alan Rodier, 69 anni, ex dirigente dei Servizi segreti francesi

Alan Rodier, 69 anni, ex dirigente dei Servizi segreti francesi

Il suo ultimo libro, L’Islam radicale in Francia, evoca lo spettro della ‘sottomissione’, di una società presa in ostaggio e obbligata a capitolare. «Bisogna cambiare le regole. Rendere più severe le sanzioni, certo. Ma anche avviare un dibattito di fondo sulla dottrina islamica e i motivi della sua espansione nei territori perduti della Repubblica. Bisogna smontare pezzo per pezzo la mitologia dell’Islam e far conoscere alle popolazioni musulmane altre religioni, altre spiritualità, di cui non hanno la minima idea". Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi, direttore del Centro CF2R che si occupa di terrorismo islamico e criminalità organizzata, è convinto che sia venuto il momento di cambiare le regole. 

Un attentato all’arma bianca davanti alla ex sede di Charlie Hébdo. Si ricomincia? "Difficile dirlo. Non sembra un lavoro da professionisti se si fa un confronto con l’attentato di 5 anni fa. Quello fu un attacco preparato all’estero, i killer si servirono di armi potenti e contro obiettivi. L’attentato di oggi (ieri per chi legge, ndr) sembra opera di dilettanti". Due terroristi improvvisati? "Improvvisati no, visto che hanno agito proprio nel momento in cui si celebra il processo contro gli assassini di Charlie Hébdo". Allora diciamo maldestri: non sapevano nemmeno che il giornale ha cambiato sede. "Guardi che il nuovo indirizzo di Charlie Hébdo è top secret. I redattori vivono come in un bunker, protetti dalla polizia, quasi senza contatti con il mondo esterno. Ma un attacco in questo momento era nell’aria, visto che giravano da tempo appelli di Al Qaida contro la Francia in occasione del processo. È chiaro che abbiamo a che fare con fanatici influenzati dalla campagna di odio lanciata da Ayman Al-Zawahiri". Oggi in qualsiasi luogo e momento nella civilissima Parigi rischiamo di uscir di casa e prenderci una coltellata… "Purtroppo è così. Non può essere diversamente quando si consente che le campagne d’odio irrompano liberamente nei social. Quanti potenziali terroristi sono pronti a raccogliere gli appelli sanguinari? Migliaia e migliaia, probabilmente". Marine Le Pen ha detto che se ci fosse una politica meno compiacente nei confronti degli immigrati avremmo meno crimini. "Lascio a Marine queste considerazioni. Trovo che le personalità politiche hanno dato prova d’incompetenza nell’affrontare il dossier Islam. Dobbiamo difenderci, è ovvio. Occorre più severità. Non si può accettare, com’è accaduto pochi giorni fa, che la presidente di un sindacato studentesco, l’Unef, entri in Assemblea nazionale indossando la hijab. Non è tollerabile che nelle banlieues gli islamisti dettino legge, che nelle moschee si predichi in arabo per inveire contro la Repubblica, che in nome dell’‘islamicamente corretto’ venga messa al bando ogni critica nei confronti dell’Islam". E allora? Che fare? "Non basta punire. Bisogna impedire ad ogni costo il proselitismo. Fare opera di pedagogia. Creare corsi di contro-informazione religiosa e spirituale. Colpire senza pietà i violenti, smantellare gli ecosistemi islamici ma soprattutto educare gli altri, la grande massa che può essere ancora recuperabile".

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